Caratteristica comune a quasi tutte le cariche è la loro eleggibilità il cui meccanismo è a volte alquanto complesso; si perviene a definire quelli chiamati ad esercitare effettivamente la carica imborsando i nominativi (ossia chiudendoli in una borsa, o sacco, o bussolo) e procedendo alla loro estrazione. Si tratta di un meccanismo di sostanziale cooptazione poiché il gran numero di cariche e la loro durata estremamente breve (da due a sei mesi), garantisce un ricambio, o meglio un continuo passaggio di cariche, all'interno del medesimo ceto dirigente.
A partire dal XVI sec. il processo di svuotamento delle autonomie comunali e la più forte presenza statale conducono ad una notevole semplificazione degli organi comunali. Spariscono senz'altro alcune cariche, come quella di capitano del popolo; determinate attività, come quelle di carattere militare, vengono integrate ed assorbite nel quadro di organizzazioni sovracomunali; altre vengono svolte direttamente da autorità esterne. Ma ciò che sembra essere l'elemento profondamente nuovo è il sovrapporsi agli ordinamenti locali di una fitta rete di governatori capaci di esercitare nei confronti delle comunità la tutela politica e giurisdizionale che le costituizioni egidiane affidavano al rettore o al legato provinciale. Parallelalmente, nei luoghi minori ove non è presente il governatore, il podestà viene poco a poco a trasformare le proprie competenze fino a divenire una sorta di dipendente del governatore, gerarchicamente e funzionalmente subordinato a questi, chiamato a rappresentarne la volontà.
Non cambia invece la tradizionale separazione tra organi politici, amministrazione finanziaria, competenze giuridizionali, né cambiano i sistemi di elezione e la durata delle diverse cariche, anche se la crisi degli ordinamenti comunali fa di tutti questi elementi delle mere sopravvivenze e nel corso del tempo si diffonde la consapevolezza della loro scarsa funzionalità: in questo periodo si moltiplicano le disposizioni che impediscono gli eletti di rinunciare alla carica cui erano stati chiamati, segno di una diffusa tendenza a sottrarsi all'obbligo.
Anche nelle terre mediate subjecte e nei castelli minori i principi di diritto pubblico impongono una distinzione tra organismi rappresentativi della comunità, tutela politica e competenze giurisdizionali. Ma il rapporto tra comunità e soggetto politico sovraordinato, barone o città che sia, è basato direttamente sul vincolo che obbliga l'una alla fidelitas e l'altro alla protezione. Ne deriva che qualsiasi prerogativa e competenza comunale risulti anche formalmente una concessione e che l'articolazione istituzionale della comunità rimanga entro limiti del tutto modesti. Ed è forse possibile cogliere il rilievo e il carattere della vita associativa di queste comunità dalla denominazione dei loro rappresentanti. In genere a capo della comunità è posto il sindaco, un termine che indica fin dal medioevo un semplice rappresentante esterno, un delegato designato ad esporre ad altri la voltontà della comunità mentre ai consiglieri è spesso sostituita o associata la menzione di massari, che nella sua accezione di gestore economico sta quasi ad indicare la funzione della comunità quale semplice detentrice di beni.
Estratto da: A. Attanasio, F. Dommarco, "Lineamenti istituzionali e documentazione delle comunità pontificie nel periodo di antico regime", in Soprintendenza archivistica per il Lazio, "Gli archivi storici comunali. Lezioni di archivistica", Quaderni dell Rivista storica del Lazio, 1 (1998).
A partire dal XVI sec. il processo di svuotamento delle autonomie comunali e la più forte presenza statale conducono ad una notevole semplificazione degli organi comunali. Spariscono senz'altro alcune cariche, come quella di capitano del popolo; determinate attività, come quelle di carattere militare, vengono integrate ed assorbite nel quadro di organizzazioni sovracomunali; altre vengono svolte direttamente da autorità esterne. Ma ciò che sembra essere l'elemento profondamente nuovo è il sovrapporsi agli ordinamenti locali di una fitta rete di governatori capaci di esercitare nei confronti delle comunità la tutela politica e giurisdizionale che le costituizioni egidiane affidavano al rettore o al legato provinciale. Parallelalmente, nei luoghi minori ove non è presente il governatore, il podestà viene poco a poco a trasformare le proprie competenze fino a divenire una sorta di dipendente del governatore, gerarchicamente e funzionalmente subordinato a questi, chiamato a rappresentarne la volontà.
Non cambia invece la tradizionale separazione tra organi politici, amministrazione finanziaria, competenze giuridizionali, né cambiano i sistemi di elezione e la durata delle diverse cariche, anche se la crisi degli ordinamenti comunali fa di tutti questi elementi delle mere sopravvivenze e nel corso del tempo si diffonde la consapevolezza della loro scarsa funzionalità: in questo periodo si moltiplicano le disposizioni che impediscono gli eletti di rinunciare alla carica cui erano stati chiamati, segno di una diffusa tendenza a sottrarsi all'obbligo.
Anche nelle terre mediate subjecte e nei castelli minori i principi di diritto pubblico impongono una distinzione tra organismi rappresentativi della comunità, tutela politica e competenze giurisdizionali. Ma il rapporto tra comunità e soggetto politico sovraordinato, barone o città che sia, è basato direttamente sul vincolo che obbliga l'una alla fidelitas e l'altro alla protezione. Ne deriva che qualsiasi prerogativa e competenza comunale risulti anche formalmente una concessione e che l'articolazione istituzionale della comunità rimanga entro limiti del tutto modesti. Ed è forse possibile cogliere il rilievo e il carattere della vita associativa di queste comunità dalla denominazione dei loro rappresentanti. In genere a capo della comunità è posto il sindaco, un termine che indica fin dal medioevo un semplice rappresentante esterno, un delegato designato ad esporre ad altri la voltontà della comunità mentre ai consiglieri è spesso sostituita o associata la menzione di massari, che nella sua accezione di gestore economico sta quasi ad indicare la funzione della comunità quale semplice detentrice di beni.
Estratto da: A. Attanasio, F. Dommarco, "Lineamenti istituzionali e documentazione delle comunità pontificie nel periodo di antico regime", in Soprintendenza archivistica per il Lazio, "Gli archivi storici comunali. Lezioni di archivistica", Quaderni dell Rivista storica del Lazio, 1 (1998).
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Castello di Usigni
Comune di Acquasparta
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