Per il motuproprio del 1816 i governatori erano preposti ai governi di primo e di secondo ordine, con funzioni amministrative, anche di polizia [editto del segretario di Stato 23 ott. 1816 sull'organizzazione della polizia; vedi anche l'art. 14 dell'editto 5 lug. 1831], e giudiziarie; essi dipendevano interamente dal delegato, eccettuati i casi di urgenza e le attribuzioni giudiziarie negli affari civili e nelle cause minori (art. 15). Erano nominati dal sovrano tramite la Segreteria di Stato, nei governi di primo ordine con breve, nei governi di secondo ordine con lettere patenti (art. 18); non potevano essere nativi del luogo al quale erano preposti né esservi domiciliati da lungo tempo (art. 17). I delegati corrispondevano con i governatori di secondo ordine direttamente o tramite quelli di primo ordine (art. 16; sembra che nel tempo si sia affermata questa seconda alternativa); i governatori dei luoghi della Comarca dipendevano dai dicasteri centrali e corrispondevano direttamente con la Segreteria di Stato e con gli altri dicasteri della capitale (art. 22), fino all'istituzione, nel 1827, della Presidenza della Comarca, dalla quale dipesero direttamente.
[espandi/riduci]
I governatori presiedevano il consiglio comunitativo (artt. 176, 181) e corrispondevano con il gonfaloniere locale al quale trasmettevano gli ordini da parte dei dicasteri centrali, del delegato, dell'eventuale governatore di prima classe (art. 164).
Nei luoghi baronali, ancora numerosi nel 1816 nelle province di prima recupera (Umbria e Marittima e Campagna, Sabina, Patrimonio), i governatori erano scelti dai baroni, ma dovevano ricevere l'approvazione della Segreteria di Stato (art. 19). Con editto 30 lug. 1814 del prosegretario di Stato erano state, infatti, ripristinate tutte le giurisdizioni feudali, o baronali, abolite nel periodo napoleonico; il motuproprio del 1816 ne confermò invece la soppressione nelle province di seconda recupera (Bologna, Ferrara, Romagna, Marca, Urbino, ducati di Camerino e Benevento) e dettò varie limitazioni per i governatori baronali delle altre province (art. 19). Essi avevano le stesse attribuzioni degli altri governatori, tranne nei casi espressi dal motuproprio (art. 21), e ugualmente dipendevano dai delegati o dai governatori di prima classe (art. 20). I baroni dovevano farsi carico degli stipendi dei loro governatori e cancellieri e delle spese dei locali per gli uffici e le udienze, la cancelleria e le carceri; inoltre erano tenuti a nominare un fiscale e un difensore dei rei. La giurisdizione dei governatori baronali era limitata ai delitti minori, cioè punibili con pene pecuniarie o non più di un anno di opera pubblica; per quest'ultima era previsto l'appello dinanzi alla congregazione del barone, composta dal barone stesso, due suoi uditori, criminale e civile, e due professori criminali di Roma. Le condanne superiori a un anno di opera erano affidate in primo grado alla stessa congregazione baronale, con la presenza di un esperto difensore criminale di Roma; l'appello era portato dinanzi al Tribunale della sacra consulta.
Nelle province, le funzioni giudiziarie del governatore di primo e secondo ordine, in materia sia civile che penale, erano limitate alle cause minori nella circoscrizione del governo.
Come giudice civile era competente per le controversie di valore sino a cento scudi e nelle cause di "sommariissimo possessorio", per danni dati, mercedi, alimenti e nelle controversie insorte in tempo di fiere o mercati (nel distretto del capoluogo di delegazione era competente l'assessore civile; art. 25). Dalle sue sentenze era portato appello dinanzi al Tribunale civile di prima istanza della delegazione (art. 27). Inoltre egli esercitava gli atti di volontaria giurisdizione (come i delegati e i legati nelle delegazioni e legazioni e i presidenti dei tribunali nelle rispettive circoscrizioni, art. 72). Nelle cause di interesse baronale i governatori dei feudi erano competenti solo per le cause di valore inferiore ai dieci scudi; per le altre, giudicava, sino a cento scudi, il governatore del luogo più vicino (art. 29).
Per il regolamento di procedura civile pubblicato il 22 nov. 1817 (artt. 114-171), i governatori (come gli assessori nei capoluoghi di delegazione) giudicavano nelle cause minori per gli affari dei comuni della loro circoscrizione in qualità di delegati della Congregazione del buon governo; l'appello era portato dinanzi al segretario del buon governo e - in terzo grado - dinanzi a quella congregazione collegialmente, cioè dinanzi ai giudici che erano competenti in primo e secondo grado per le cause di maggior valore (artt. 912-914). Per lo stesso regolamento i governatori (come gli assessori), in veste di delegati del Tribunale dell'Annona, giudicavano le cause in materia annonaria di valore inferiore ai cento scudi; per quelle superiori erano competenti i tribunali civili nelle delegazioni e legazioni e il prefetto dell'annona per Roma e Comarca e le province annonarie, Civitavecchia, Viterbo, Rieti, Frosinone, con appello dinanzi al prefetto dell'annona e - in terzo grado - al Tribunale collegiale camerale (artt. 866-869). Inoltre i governatori della Comarca giudicavano cumulativamente con il giudice dei mercenari di Roma, cui appartenevano le cause sino a 10 scudi, per le cause sino al valore di cento scudi (art. 942), con appello dinanzi ai tribunali competenti per le sentenze civili (art. 950).
Con le riforme apportate dal motuproprio del 5 ott. 1824, ai governatori come giudici civili vennero confermate le stesse competenze, attribuendo loro, in aggiunta, le cause sino al valore di trecento scudi, già di competenza dei tribunali civili di prima istanza (art. A20); l'appello alle loro sentenze era portato dinanzi al pretore (art. A34), giudice unico in materia civile istituito nei capoluoghi dallo stesso motuproprio. I governatori erano ancora giudici delle mercedi, ma limitatamente alla somma di venti scudi (e così i luogotenenti e gli assessori nelle loro circoscrizioni), mentre le cause di valore superiore erano deferite ai tribunali di commercio, ove esistevano, o ai giudici e tribunali ordinari (art. A68). Inoltre, essendo stati soppressi gli assessori camerali, i governatori (e così i luogotenenti, gli assessori e i pretori) erano giudici in prima istanza per le cause riguardanti l'interesse della Camera apostolica, cioè dell'erario, sino al valore di scudi trecento; nelle stesse cause in Roma e Comarca, e in tutte quelle superiori a tale valore, giudicavano cumulativamente gli uditori del camerlengato e del tesorierato, ai quali era portato anche l'appello, nonché l'eventuale giudizio di terzo grado, dalle sentenze dei governatori (artt. A54-56, P434).
Il motuproprio di Leone XII sull'amministrazione pubblica del 21 dic. 1827 non apportò modifiche di rilievo (artt. 8, 14-18).
Per la notificazione 30 marzo 1831 del legato a latere nelle quattro legazioni, che tra l'altro istituiva i giudici conciliatori nelle località sedi di pretura, i governatori furono mantenuti con le facoltà che esercitavano al 1° febbraio ed ebbero in quelle province anche le funzioni di giudici conciliatori nonché le competenze dei soppressi podestà, sempre nel territorio del loro governo.
Le successive riforme del 1831 (5 ottobre) confermarono le precedenti attribuzioni dei governatori nelle loro circoscrizioni territoriali (uguali a quelle dei giudici conciliatori nelle legazioni e degli assessori legali nelle delegazioni), con una variazione rispetto al valore delle cause loro attribuite, ora fissato al massimo di duecento scudi (artt. 14 e 15), e la competenza sulle controversie insorte in tempo di fiera e di mercato, solo nei governi nei quali non risiedano tribunali di commercio (art. 16). L'appello era portato dinanzi ai tribunali civili collegiali, nuovamente ripristinati (art. 20) e l'eventuale terzo grado era deciso dai tribunali di appello di Bologna e di Macerata, secondo la loro competenza territoriale (artt. 31, 28-29).
Il regolamento legislativo e giudiziario per gli affari civili del 10 nov. 1834 confermò le disposizioni precedenti (artt. 284-288, per la procedura artt. 493-512), anche in materia di appello (artt. 284-288, 292, 304) [ il 6 mag. 1841 un dispaccio della Segreteria per gli affari di Stato interni dichiarava che le funzioni di governatore e di procuratore fiscale erano incompatibili "poiché in una stessa persona non può riunirsi la rappresentanza di giudice e di difensore dei diritti del fisco, che è quanto dire di accusatore"].
Nel penale i governatori, per il motuproprio del 1816, giudicavano i reati minori, cioè quelli punibili con pene pecuniarie o afflittive sino ad un anno di opera (art. 76; la stessa competenza avevano nel capoluogo di delegazione gli assessori criminali). Per i governatori dei luoghi baronali nulla era innovato in materia penale, venendo confermate le disposizioni della "Post diuturnas" del 1800. L'appello era portato dinanzi al tribunale criminale della delegazione (art. 78), ma nella Comarca giudice d'appello era il tribunale del governo nella capitale (art. 86). I governatori erano inoltre tenuti alla compilazione di tutti i processi per delitti commessi nella loro circoscrizione anche quando per la gravità del reato fossero di competenza del tribunale criminale della delegazione (nel capoluogo di delegazione la compilazione dei processi era attribuita a due giudici processanti e un cancelliere; art. 84).
Queste norme furono pressoché interamente confermate dal motuproprio del 1824: la giurisdizione dei governatori era pari a quella dei preesistenti assessori criminali e dei luogotenenti, con lo stesso atto istituiti (art. 80); inoltre, come i luogotenenti e gli assessori, i governatori erano giudici penali in prima istanza per delitti per contravvenzioni e frodi commessi a danno dell'erario (art. 92); in Roma la materia era affidata ai tribunali criminali del camerlengato e del tesorierato, che giudicavano anche in appello dalle sentenze dei governatori per i delitti contro l'erario (art. 92).
Il regolamento di procedura criminale pubblicato il 5 nov. 1831 confermò la competenza dei governatori (e parimenti degli assessori nelle delegazioni, dei giusdicenti criminali nelle legazioni) a giudicare le cause concernenti i delitti minori (art. 27). In tutti i giudizi criminali vi furono due gradi ordinari di giurisdizione, ma solo per i delitti minori e per i delitti capitali, mentre per tutti gli altri vi fu un solo grado (art.13); dalle sentenze dei governatori l'appello era portato dinanzi ai tribunali criminali dei capoluoghi (art. 29). Un mese dopo la pubblicazione del regolamento, ai governatori fu trasferita la giurisdizione penale dei soppressi podestà (circolare della Segreteria di Stato 27 dic. 1831) [ vedasi anche la circolare della Segreteria per gli affari di Stato interni sugli appelli dalle sentenze criminali dei giudici singoli del 31 gen. 1834 ].
L'editto 22 nov. 1850 (artt. 46 sgg.) ribadiva che tutti i governatori avevano le stesse attribuzioni indipendentemente dalla classe del loro governo, conservavano il potere giudiziario sia nel civile che nel penale e le funzioni relative alla polizia (art. 48), ma cessavano da ogni ingerenza negli affari amministrativi (art. 49).
I governatori presiedevano il consiglio comunitativo (artt. 176, 181) e corrispondevano con il gonfaloniere locale al quale trasmettevano gli ordini da parte dei dicasteri centrali, del delegato, dell'eventuale governatore di prima classe (art. 164).
Nei luoghi baronali, ancora numerosi nel 1816 nelle province di prima recupera (Umbria e Marittima e Campagna, Sabina, Patrimonio), i governatori erano scelti dai baroni, ma dovevano ricevere l'approvazione della Segreteria di Stato (art. 19). Con editto 30 lug. 1814 del prosegretario di Stato erano state, infatti, ripristinate tutte le giurisdizioni feudali, o baronali, abolite nel periodo napoleonico; il motuproprio del 1816 ne confermò invece la soppressione nelle province di seconda recupera (Bologna, Ferrara, Romagna, Marca, Urbino, ducati di Camerino e Benevento) e dettò varie limitazioni per i governatori baronali delle altre province (art. 19). Essi avevano le stesse attribuzioni degli altri governatori, tranne nei casi espressi dal motuproprio (art. 21), e ugualmente dipendevano dai delegati o dai governatori di prima classe (art. 20). I baroni dovevano farsi carico degli stipendi dei loro governatori e cancellieri e delle spese dei locali per gli uffici e le udienze, la cancelleria e le carceri; inoltre erano tenuti a nominare un fiscale e un difensore dei rei. La giurisdizione dei governatori baronali era limitata ai delitti minori, cioè punibili con pene pecuniarie o non più di un anno di opera pubblica; per quest'ultima era previsto l'appello dinanzi alla congregazione del barone, composta dal barone stesso, due suoi uditori, criminale e civile, e due professori criminali di Roma. Le condanne superiori a un anno di opera erano affidate in primo grado alla stessa congregazione baronale, con la presenza di un esperto difensore criminale di Roma; l'appello era portato dinanzi al Tribunale della sacra consulta.
Nelle province, le funzioni giudiziarie del governatore di primo e secondo ordine, in materia sia civile che penale, erano limitate alle cause minori nella circoscrizione del governo.
Come giudice civile era competente per le controversie di valore sino a cento scudi e nelle cause di "sommariissimo possessorio", per danni dati, mercedi, alimenti e nelle controversie insorte in tempo di fiere o mercati (nel distretto del capoluogo di delegazione era competente l'assessore civile; art. 25). Dalle sue sentenze era portato appello dinanzi al Tribunale civile di prima istanza della delegazione (art. 27). Inoltre egli esercitava gli atti di volontaria giurisdizione (come i delegati e i legati nelle delegazioni e legazioni e i presidenti dei tribunali nelle rispettive circoscrizioni, art. 72). Nelle cause di interesse baronale i governatori dei feudi erano competenti solo per le cause di valore inferiore ai dieci scudi; per le altre, giudicava, sino a cento scudi, il governatore del luogo più vicino (art. 29).
Per il regolamento di procedura civile pubblicato il 22 nov. 1817 (artt. 114-171), i governatori (come gli assessori nei capoluoghi di delegazione) giudicavano nelle cause minori per gli affari dei comuni della loro circoscrizione in qualità di delegati della Congregazione del buon governo; l'appello era portato dinanzi al segretario del buon governo e - in terzo grado - dinanzi a quella congregazione collegialmente, cioè dinanzi ai giudici che erano competenti in primo e secondo grado per le cause di maggior valore (artt. 912-914). Per lo stesso regolamento i governatori (come gli assessori), in veste di delegati del Tribunale dell'Annona, giudicavano le cause in materia annonaria di valore inferiore ai cento scudi; per quelle superiori erano competenti i tribunali civili nelle delegazioni e legazioni e il prefetto dell'annona per Roma e Comarca e le province annonarie, Civitavecchia, Viterbo, Rieti, Frosinone, con appello dinanzi al prefetto dell'annona e - in terzo grado - al Tribunale collegiale camerale (artt. 866-869). Inoltre i governatori della Comarca giudicavano cumulativamente con il giudice dei mercenari di Roma, cui appartenevano le cause sino a 10 scudi, per le cause sino al valore di cento scudi (art. 942), con appello dinanzi ai tribunali competenti per le sentenze civili (art. 950).
Con le riforme apportate dal motuproprio del 5 ott. 1824, ai governatori come giudici civili vennero confermate le stesse competenze, attribuendo loro, in aggiunta, le cause sino al valore di trecento scudi, già di competenza dei tribunali civili di prima istanza (art. A20); l'appello alle loro sentenze era portato dinanzi al pretore (art. A34), giudice unico in materia civile istituito nei capoluoghi dallo stesso motuproprio. I governatori erano ancora giudici delle mercedi, ma limitatamente alla somma di venti scudi (e così i luogotenenti e gli assessori nelle loro circoscrizioni), mentre le cause di valore superiore erano deferite ai tribunali di commercio, ove esistevano, o ai giudici e tribunali ordinari (art. A68). Inoltre, essendo stati soppressi gli assessori camerali, i governatori (e così i luogotenenti, gli assessori e i pretori) erano giudici in prima istanza per le cause riguardanti l'interesse della Camera apostolica, cioè dell'erario, sino al valore di scudi trecento; nelle stesse cause in Roma e Comarca, e in tutte quelle superiori a tale valore, giudicavano cumulativamente gli uditori del camerlengato e del tesorierato, ai quali era portato anche l'appello, nonché l'eventuale giudizio di terzo grado, dalle sentenze dei governatori (artt. A54-56, P434).
Il motuproprio di Leone XII sull'amministrazione pubblica del 21 dic. 1827 non apportò modifiche di rilievo (artt. 8, 14-18).
Per la notificazione 30 marzo 1831 del legato a latere nelle quattro legazioni, che tra l'altro istituiva i giudici conciliatori nelle località sedi di pretura, i governatori furono mantenuti con le facoltà che esercitavano al 1° febbraio ed ebbero in quelle province anche le funzioni di giudici conciliatori nonché le competenze dei soppressi podestà, sempre nel territorio del loro governo.
Le successive riforme del 1831 (5 ottobre) confermarono le precedenti attribuzioni dei governatori nelle loro circoscrizioni territoriali (uguali a quelle dei giudici conciliatori nelle legazioni e degli assessori legali nelle delegazioni), con una variazione rispetto al valore delle cause loro attribuite, ora fissato al massimo di duecento scudi (artt. 14 e 15), e la competenza sulle controversie insorte in tempo di fiera e di mercato, solo nei governi nei quali non risiedano tribunali di commercio (art. 16). L'appello era portato dinanzi ai tribunali civili collegiali, nuovamente ripristinati (art. 20) e l'eventuale terzo grado era deciso dai tribunali di appello di Bologna e di Macerata, secondo la loro competenza territoriale (artt. 31, 28-29).
Il regolamento legislativo e giudiziario per gli affari civili del 10 nov. 1834 confermò le disposizioni precedenti (artt. 284-288, per la procedura artt. 493-512), anche in materia di appello (artt. 284-288, 292, 304) [ il 6 mag. 1841 un dispaccio della Segreteria per gli affari di Stato interni dichiarava che le funzioni di governatore e di procuratore fiscale erano incompatibili "poiché in una stessa persona non può riunirsi la rappresentanza di giudice e di difensore dei diritti del fisco, che è quanto dire di accusatore"].
Nel penale i governatori, per il motuproprio del 1816, giudicavano i reati minori, cioè quelli punibili con pene pecuniarie o afflittive sino ad un anno di opera (art. 76; la stessa competenza avevano nel capoluogo di delegazione gli assessori criminali). Per i governatori dei luoghi baronali nulla era innovato in materia penale, venendo confermate le disposizioni della "Post diuturnas" del 1800. L'appello era portato dinanzi al tribunale criminale della delegazione (art. 78), ma nella Comarca giudice d'appello era il tribunale del governo nella capitale (art. 86). I governatori erano inoltre tenuti alla compilazione di tutti i processi per delitti commessi nella loro circoscrizione anche quando per la gravità del reato fossero di competenza del tribunale criminale della delegazione (nel capoluogo di delegazione la compilazione dei processi era attribuita a due giudici processanti e un cancelliere; art. 84).
Queste norme furono pressoché interamente confermate dal motuproprio del 1824: la giurisdizione dei governatori era pari a quella dei preesistenti assessori criminali e dei luogotenenti, con lo stesso atto istituiti (art. 80); inoltre, come i luogotenenti e gli assessori, i governatori erano giudici penali in prima istanza per delitti per contravvenzioni e frodi commessi a danno dell'erario (art. 92); in Roma la materia era affidata ai tribunali criminali del camerlengato e del tesorierato, che giudicavano anche in appello dalle sentenze dei governatori per i delitti contro l'erario (art. 92).
Il regolamento di procedura criminale pubblicato il 5 nov. 1831 confermò la competenza dei governatori (e parimenti degli assessori nelle delegazioni, dei giusdicenti criminali nelle legazioni) a giudicare le cause concernenti i delitti minori (art. 27). In tutti i giudizi criminali vi furono due gradi ordinari di giurisdizione, ma solo per i delitti minori e per i delitti capitali, mentre per tutti gli altri vi fu un solo grado (art.13); dalle sentenze dei governatori l'appello era portato dinanzi ai tribunali criminali dei capoluoghi (art. 29). Un mese dopo la pubblicazione del regolamento, ai governatori fu trasferita la giurisdizione penale dei soppressi podestà (circolare della Segreteria di Stato 27 dic. 1831) [ vedasi anche la circolare della Segreteria per gli affari di Stato interni sugli appelli dalle sentenze criminali dei giudici singoli del 31 gen. 1834 ].
L'editto 22 nov. 1850 (artt. 46 sgg.) ribadiva che tutti i governatori avevano le stesse attribuzioni indipendentemente dalla classe del loro governo, conservavano il potere giudiziario sia nel civile che nel penale e le funzioni relative alla polizia (art. 48), ma cessavano da ogni ingerenza negli affari amministrativi (art. 49).
Connected institutional profiles:
Vicegovernatore (Stato della Chiesa), 1817 - 1824, collegato
Vicegovernatore (Stato della Chiesa), 1855 - 1870, collegato
Connected creators:
Governatore del Castello di Foglia
Governatore di Bevagna
Governatore di Casperia
Governatore di Castelplanio, Maiolati e Uniti
Governatore di Castiglione del Lago
Governatore di Città della Pieve
Governatore di Contigliano
Governatore di Cori
Governatore di Corinaldo
Governatore di Cottanello
Governatore di Gallese
Governatore di Gualdo Tadino
Governatore di Mompeo
Governatore di Montalboddo/Ostra
Governatore di Montefalco
Governatore di Montopoli di Sabina
Governatore di Nocera Umbra
Governatore di Orte
Governatore di Orvinio
Governatore di Petritoli
Governatore di Poggio Nativo
Governatore di Potenza Picena
Governatore di Sutri
Governatore di Terracina
Governatore di Viterbo
Governatore di Vitorchiano
Governo di Foligno
Editing and review:
Scheda duplicata dal SIAS, 2020/01/09