Tasti di scelta rapida del sito: Menu principale | Corpo della pagina | Vai alla colonna di sinistra

Colonna con sottomenu di navigazione


Contenuto della pagina


Guida on-line agli archivi non statali
Menu di navigazione

Home » Ricerca guidata » Soggetti produttori - Enti » Soggetto produttore - Ente

Pia Casa di lavoro di Firenze

Sede: Firenze
Date di esistenza: 1813 - 2006

Intestazioni:
Pia Casa di lavoro di Firenze, Firenze, 1813 - 2006, SIUSA
Montedomini di Firenze, Firenze, 1813 - 2006, SIUSA

Altre denominazioni:
Deposito di mendicità, 1813 - 1814
Deputazione di mendicità, 1814 - 1820
Montedomini di Firenze, 1813 - 2006

A seguito del decreto napoleonico del 14 novembre 1810, che imponeva l'apertura di ricoveri per i mendicanti nei luoghi dell'Impero, a Firenze furono individuati gli edifici dei due monasteri delle clarisse di Monticelli e di Montedomini, soppressi da Napoleone nel 1808, per ricavarvi il nuovo Deposito di mendicità che fu inaugurato il 4 novembre 1813 dal direttore Frisac e da Girolamo Bartolommei, maire della città di Firenze.
Nel 1814, all'indomani della caduta dei francesi, l'autorità provvisoria di governo, in attesa di decidere sulle sorti del Deposito di Mendicità, incoraggiò coloro che vi erano ricoverati a tornare in libertà, ma non tutti aderirono all'invito. Nel frattempo, sin dal mese di luglio, si sollecitavano proposte per decidere del futuro del Deposito che, una volta soppresso, sarebbe stato sostituito da una meno 'disonorevole' "Casa di Educazione e di Lavoro" per l'istruzione e l'inserimento nel mondo del lavoro di che viveva, suo malgrado, ai margini della società.
La Deputazione di Mendicità, stabilita dal Granduca il 16 ottobre 1815 con sede presso il Palazzo Non Finito di Firenze, al fine di dare un ordinamento alla nuova "Casa di Educazione e Lavoro" compì il suo lavoro entro il 5 maggio 1820. Nel frattempo, il cessato Deposito di mendicità, il 18 dicembre 1815, ricevette il nome di "Pia Casa di Lavoro". Il nuovo regolamento, approvato il 27 settembre 1816, oltre alla riapertura delle botteghe e delle attività artigianali già organizzate all'interno dell'istituto, prevedeva la somministrazione a domicilio di lavoro alle famiglia povere e l'elargizione di sussidi a invalidi e anziani, dietro rilascio del nulla osta da parte dei parroci del luogo a seguito di verifiche che venivano ripetute periodicamente. Le persone accolte nell'istituto venivano suddivise per sesso e organizzate in brigate secondo il mestiere che esercitavano prima del ricovero. I bambini venivano inviati alle istituzioni loro preposte (Spedale degli Innocenti, Orfanotrofio del Bigallo, Orfanotrofio di San Filippo Neri) e i malati venivano inviati all'Ospedale di Santa Maria Nuova o a Bonifazio, i recidivi erano destinati alle carceri.
Successivamente, dal momento che l'Orfanotrofio del Bigallo non accettava i bambini che non fossero almeno orfani di padre, fu allora dato inizio alla prassi dell'affidamento a 'tenuta' presso chi potesse curarsi di loro. Per ovviare invece alla carenza di letti nei pubblici ospedali furono istituite due differenti infermerie all'interno della Pia Casa, una per gli uomini, una per le donne. Nel nuovo regolamento del 1839, furono infine definite con attenzione le colpe e le relative punizioni.
Nel frangente delle rivolte del 1848, il Granduca, poco prima di essere sostituito dal Governo Provvisorio Toscano, chiamò Pietro Thouar ad amministrare la Pia Casa. Questi continuò il suo compito durante la breve assenza del Granduca e da questi fu subito estromesso al suo ritorno. Nei pochi mesi di direzione Pietro Thouar non riuscì a portare a compimento alcuno dei mutamenti che egli riteneva necessari per una buona gestione dell'istituto Dopo la partenza dei granduchi da Firenze nel 1859, la Pia Casa, rimase priva di qualunque entrata fissa, fino all'anno 1866, quando Carlo Peri (1812-1895), già direttore delle carceri fiorentine, fu chiamato alla direzione della Pia Casa che nel corso di quasi un trentennio, dal 1866 al 1895, ne riportò in ordine l'economia attraverso operazioni di tagli di spesa, con la vendita di proprietà e la riorganizzazione interna, nonché con l'aiuto finanziario di molti benefattori.
Il 10 maggio 1868, con un decreto di Vittorio Emanuele II, la Pia Casa di Lavoro fu riconosciuta come opera pia e l'intero edificio che l'ospitava, che fino a quel momento era stato di proprietà dello Stato e di competenza dello Scrittoio delle Regie Fabbriche, gli fu trasferito senza alcun vincolo. Nel 1871, alla Pia Casa furono aggregati l'Orfanotrofio di San Filippo Neri e la Pia Eredità De Poirot, enti che continuarono a essere amministrati separatamente per quanto riguardava la gestione dei beni.
Nel 1907 fu approvato il nuovo Statuto organico della Pia Casa di Lavoro di Firenze e Opere annesse, il cui fine assistenziale veniva ribadito negli scopi dell'istituto. Scopo del Consiglio, nel primo decennio del Novecento, fu quello di smilitarizzare l'istituto, trasformando le 'guardie' in 'vigilanti', con il mutamento della loro uniforme con un abito borghese e invitandoli a consumare i pasti insieme ai ricoverati. Per quanto riguardava la popolazione dell'istituto, il presidente Arturo Linaker, nel 1907, metteva ancora una volta l'accento sul grave inconveniente della promiscuità fra giovani e anziani. Per ovviare a questo e alla fatiscenza degli edifici, furono programmati graduali interventi di rifacimento, portati avanti con la collaborazione degli ingegneri Cesare Spighi, Carlo Sodi e Vittorio Pimpinelli, compreso il completamento dell'ala sulla nuova via Thouar, effettuato nel 1906. Altri lavori furono compiuti negli anni '30, iniziati dall'ingegnere Carlo Sodi, poi sostituito da Arduino Matassini. Nel 1934 fu dato avvio alla costruzione del nuovo ospedale "Sezione Cornici" verso via Thouar, cui si accedeva dall'atrio d'ingresso ancora in uso che riunì i due fabbricati costruiti nei decenni precedenti. L'ospedale fu inaugurato il 30 maggio 1939 alla presenza di Maria Jose di Savoia.
Con l'alluvione del 1966, l'edificio fu gravemente danneggiato. Dalle ristrutturazioni che ne seguirono, scaturì anche la riorganizzazione dell'ente. Chiusero le scuole interne e cessò del tutto l'attività di educazione giovanile e le finalità dell'istituto, successivamente trasformato in Ipab, furono indirizzate verso l'assistenza degli anziani.

La struttura, almeno fin dal 1830, come è stato accertato nel corso di ricerche storiche e nell'ambito del progetto di censimento dei luoghi e degli archivi della salute mentale Fuori dal manicomio - condotto dal Dipartimento SAGAS in convenzione con la DGA e in collaborazione con la SAT -, accolse anche malati di mente. Il ricovero aveva infatti la funzione di cronicario per i cosiddetti "innocui", che così non avrebbero ulteriormente affollato il manicomio di Bonifazio o la succursale di Castelpulci. Tale sistema fu istituzionalizzato dal direttore Francesco Peri a partire dal 1872, quando trovò un accordo con Vincenzo Salvagnoli, deputato dell'Amministrazione provinciale di Firenze, per l'ammissione di un certo numero di "mentecatti" (non solo provenienti dal manicomio), a patto di ricevere una retta più alta rispetto agli altri ospiti. Ciò che si realizzò fu un circuito, precedente la legge psichiatrica unitaria n. 36 del 1904, che coinvolgeva il manicomio, altri istituti e il sistema della custodia domestica avviato a Firenze dal 1866.
Nel 1890 fu aperto il nuovo manicomio intitolato a Vincenzo Chiarugi nell'area di San Salvi. L'accordo sottoscritto da Peri durò fino al 1902, quando l'allora presidente della Pia casa Arturo Linaker, insegnante di filosofia, si oppose e lo fece decadere. I "dementi" furono così riconsegnati ai luoghi di cura o affidati a tenutari esterni, ai quali fu assegnato una retta o un sussidio. Nel maggio 1907 la convenzione tra Montedomini e il Comune di Firenze, all'articolo 4 chiariva che gli ospiti: "Non dovranno essere in condizioni tali da richiedere continua assistenza, da costituire pericolo per sé e per gli altri (dementi, epilettici, idioti, imbecilli) né essere affetti da malattie contagiose e che destano ribrezzo".
Nella prima metà degli anni 1960, come risulta da documenti rinvenuti nell'archivio dell'Ospedale psichiatrico Chiarugi e da alcune pubblicazioni, fu stipulata una convenzione tra l'ospedale di Firenze e la Pia Casa - e contemporaneamente con altri istituti fiorentini similari - affinché questa accogliesse i dimessi da San Salvi che non potevano ritornare in famiglia. Tale accordo durò, anche come strumento di deistituzionalizzazione, fino alla fine degli anni 1970.


Condizione giuridica:
pubblico

Tipologia del soggetto produttore:
ente di assistenza e beneficenza

Soggetti produttori:
Ospedale neuropsichiatrico provinciale Vincenzo Chiarugi di Firenze, collegato

Complessi archivistici prodotti:
Pia Casa di lavoro di Firenze (fondo)


Bibliografia:
Manuela Barducci, "Il pane dei poveri è sempre duro" Storia e storie di Montedomini, Firenze Leonardo Edizioni, Firenze, 2014
Caterina Betti, Il complesso di Montedomini nel panorama assistenziale fiorentino della prima metà dell'ottocento, 2005 (on line) (Caterina Betti, Il complesso di Montedomini, 2005)
Gli Istituti di Beneficenza a Firenze. Storia e Architettura, a cura di Carrara Francesca, Sebregondi Ludovica, Tramonti Ulisse, Alinea, Firenze 1999
Renato Cozzi, Pia Casa di Lavoro Montedomini, Tipografie "E. Ariani" e "L'Arte della stampa", Firenze 1952
Cesare Torricelli, La Pia Casa di Lavoro detta di Montedomini, Tipografia Barbèra, Alfani & Venturi prop., Firenze, 1940
Arturo Linaker, La Pia Casa di Lavoro e le opere pie annesse dall'anno 1896 al 1906. Relazione, Stab. Tipografico pei minorenni corrigendi di G. Ramella & Co, Firenze 1907
Passerini Luigi, "Storia degli stabilimenti di beneficenza e d'istruzione elementare gratuita della città di Firenze", Le Monnier, Firenze 1853

Redazione e revisione:
Fiorani Matteo - borsista di ricerca Dip. SAGAS - Università di Firenze, 2015/12/10, integrazione successiva
Guarnieri Patrizia - prof. di storia contemporanea Dip. SAGAS - Università di Firenze, 2015/12/10, integrazione successiva
Romanelli Rita, 2015/11/29, prima redazione


icona top