Nella maggior parte dei territori della penisola strumento giuridico dell'insediamento ebraico era un "privilegio", un documento ad personam che consentiva ad un dato ebreo (medico, prestatore) di stabilirsi insieme a quanti erano legati a lui (familiari, impiegati, servitori, istitutori) nella città; una "condotta", contratto bilaterale in genere valido per 3-5 anni (talvolta 10-15) regolava minuziosamente le condizioni per la residenza degli ebrei, incluse quelle per l'esercizio del prestito (tassi, procedure, ecc.).
Le condotte venivano quasi sempre rinnovate, ma il mancato rinnovo non significava automaticamente l'espulsione: semplicemente gli ebrei rimanevano senza una regolare autorizzazione, sottoposti allo ius commune piuttosto che a quello speciale definito dalle clausole della condotta; gli insediamenti più consistenti vengono definiti nei documenti pubblici, Università degli Hebrei o Nazione Ebrea.
E' davvero quasi impossibile trovare documentazione riferita a insediamenti ebraici, neppure per quelli maggiori, in questo periodo, al di fuori degli archivi comunali, vescovili o di Stato. Le tracce che ci attestano la presenza e l'attività ebraiche in moltissime località sono soprattutto nelle delibere delle assemblee comunali, nelle carte delle Signorie, nei documenti giudiziari, negli Statuti e nelle carte notarili per le vicissitudini dei singoli.
Il regime giuridico brevemente riassunto nelle righe precedenti caratterizza la società prima dei ghetti. Due sono le eccezioni: la Sicilia e Roma.
In Sicilia gli ebrei continuavano la tradizione del passato arabo e normanno-svevo: giuridicamente rimanevano servi camerae regiae dal tempo di Federico II, sottratti all'amministrazione feudale, comunale ed anche ecclesiastica. Risiedevano in quartieri propri, esercitavano l'artigianato e l'agricoltura, accanto alla medicina e al commercio, godevano di autonomia amministrativa interna.
A Roma, la struttura socio-economica della Comunità vede già le figure che compariranno nei Capitoli con cui Daniel da Pisa ne riorganizzerà la vita amministrativa: banchieri, mercanti, persone di condizione media e, infine, tutti gli altri. Nello Statuto della città del 1362, comparivano le norme che disciplinavano i rapporti con la Comunità ebraica residente. L'Università mancava di autonomia politica e forza esecutiva, ma aveva una struttura politica ed amministrativa piuttosto complessa, determinata dall'articolata composizione sociale e culturale della collettività ebraica. Tale struttura faceva sostanzialmente capo alle Scuole articolate secondo i diversi riti nazionali 1. La storiografia sta ancora dibattendo sulla natura di istituzioni amministrative e non solo di culto delle Scuole2; tuttavia, almeno per il periodo successivo all'arrivo dei profughi spagnoli sembra configurarsi un tentativo di organizzarsi in comunità amministrativamente autonome3.
Nel 1524, dopo una serie di contrasti fra il gruppo degli ebrei "autoctoni" e quelli dei nuovi arrivati, gli "ultramontani", il noto e stimatissimo banchiere Daniel da Pisa fu incaricato dai vertici della Comunità, sollecitati dallo stesso Pontefice, della redazione di un vero e proprio statuto comunitario (Capitoli) che ponesse fine alle controversie.
In essi si prevedeva un'organizzazione gerarchica che divideva le cariche tra i proprietari di grandi e medie ricchezze. Veniva istituito un "Consiglio dei 60" (composto da 60 persone) preposto alla conduzione della Comunità; al suo interno veniva enucleato un consiglio ristretto, composto da 20 persone, e tra queste erano scelti i 3 fattori4 che rappresentavano l'esecutivo della Comunità. La composizione degli uffici rispettava proporzionalmente le diverse provenienza, romane o ultramontane. Il pagamento delle tasse veniva regolamentato, in maniera più precisa rispetto ai tempi precedenti,5 in proporzione alle ricchezze possedute6; i ceti più poveri, esentati dal pagamento delle tasse, rimanevano esclusi dalla gestione della cosa pubblica. I Capitoli definirono la struttura istituzionale della Universitas Hebreorum Urbis per secoli, con alcuni interludi in epoca francese e durante la breve Repubblica del 1849. Con la successiva restaurazione vennero ripristinate le condizioni precedenti e le istituzioni comunitarie furono radicalmente trasformate solo dopo il 1870.
A causa delle notevoli dispersioni subite dagli archivi delle Comunità ebraiche e delle peculiari situazioni locali, non è semplice ricostruire una storia istituzionale delle Università o Nazioni prima dell'emancipazione, al di fuori di Roma. Ci si augura che informazioni maggiori possano venire dai lavori di riordinamento in corso. Sembra, al momento, di poter registrare ovunque una organizzazione articolata intorno alle Scuole (spesso con denominazione riferita alle diverse origini nazionali, Tedesca, Levantina, ecc.) e che, almeno per gli insediamenti più significativi, strutture basate su consigli allargati e consigli ristretti con "fattori" o "massari", o altre denominazioni siano abbastanza diffuse. Ad esempio, la comunità di Siena, il cui archivio è stato riordinato e inventariato, si presenta fin dalla prima metà del XVII secolo amministrata da un consiglio composto di tredici membri. Dal 1647 il vecchio consiglio detto poi maggiore, fu affiancato da un consiglio minore di cinque membri, con l'incarico di riscuotere le imposte che servivano a far fronte alle spese richieste dai bisogni generali dell'Università., Nel 1825 venne approvato il "Corpo Governativo" della Comunità con un consiglio di cinque membri, fra cui venivano scelti due "massari".7
Durante il periodo napoleonico l'ordinamento delle comunità ebraiche mutò sotto la spinta riorganizzatrice dell'amministrazione francese: ogni centro in cui risiedevano almeno 2.000 ebrei, doveva essere considerato un "Dipartimento" (fornito di una sinagoga, amministrata da 2 notabili e da un rabbino), con un "Concistoro" - che sostituiva il vecchio governo della Comunità - guidato da un Gran Rabbino, un altro rabbino e 3 membri laici. Nei luoghi in cui la popolazione ebraica non raggiungeva le 2.000 persone, più Università costituivano un unico "Concistoro dipartimentale", mentre a Parigi, dal 17 marzo 1808 operava il "Concistoro centrale", a capo di quelli dipartimentali.
Le istituzioni ebraiche dopo l'Unità
All'indomani dell' Unità le "Università Israelitiche"avevano figura giuridica differente secondo le regioni.8 Col progressivo estendersi del regno sabaudo era stata estesa dal Piemonte e dalla Liguria all'Emilia, alle Marche e alle province di Parma e Modena la Legge Rattazzi del 4 luglio 1857 (n.2325) accompagnata da un regolamento "per l'amministrazione e contabilità delle università israelitiche" (n. 2326).
Secondo questa normativa le Università erano costituite obbligatoriamente da tutti gli ebrei residenti nella circoscrizione territoriale da almeno un anno, con potere d'imposizione fiscale, amministrate da consigli eletti dai contribuenti, sottoposte a vigilanza e tutela dello Stato. Diversamente, in Toscana, Veneto, nel Mantovano e in Venezia Giulia esse avevano potere di imposizione, ma la legislazione toscana ed austriaca rimetteva agli organi delle comunità il regolamento interno.
Tra la fine dell''800 e l'inizio del '900 le antiche comunità vennero progressivamente trasformandosi, manifestando generalmente la tendenza ad assumere carattere di associazioni private9.
La legge Rattazzi prevedeva (art.27) la possibilità di costituire Consorzi delle "Università israelitiche". In forza di ciò, tra il 1909 e il 1914 venne costituito un "Comitato delle Università israelitiche italiane, composto da 11 membri eletti dai delegati delle comunità, le quali dovevano versare al Comitato un contributo in proporzione agli iscritti. Nel maggio 1914 un successivo Congresso tenutosi a Roma approvò lo "Statuto del Consorzio delle Università e Comunità israelitiche italiane".
Con l'avvento del fascismo la riorganizzazione delle istituzioni comunitarie ebbe un ruolo importante nel quadro della politica fascista nei confronti degli ebrei .
Il r.d. 30 ottobre 1930,n.1731, cosiddetta Legge Falco, "sulle comunità israelitiche e sulla Unione delle comunità medesime" ed il successivo regolamento di applicazione 19 dicembre 1931, n. 1561 sottoponeva all'autorità dello Stato tutte le forme di attività, specie quelle a base collettiva10. La normativa dava a tutte le Comunità e Università israelitiche il carattere di enti di diritto pubblico, accentuava i poteri direttivi e diminuiva la rappresentatività dei Consigli, inaspriva la vigilanza e tutela governativa sia in riferimento alle singole Comunità che all'Unione delle Comunità, istituita in sostituzione del precedente Consorzio. Risultava irrilevante, ai fini della creazione o soppressione delle comunità, la volontà degli interessati11, erano rigidamente regolate le iscrizioni e cancellazioni, veniva esteso l'obbligo del contributo, che escludeva ogni criterio di progressività, sottoponeva all'approvazione (sempre revocabile) del Ministro dell'Interno l'elezione del Presidente e la nomina del Rabbino-capo.
Con la Repubblica, la legislazione sulle Comunità ebraiche apparve presto inconciliabile con il complesso delle norme costituzionali in materia di libertà religiosa individuale e collettiva.
Nel corso degli anni la legge subì alcune importanti modifiche. Fra le questioni nodali, le norme sull'elettorato - passivo e attivo - del Consiglio. Con la prima mozione del VI Congresso dell'U.C.I.I. (Roma, aprile-maggio 1961) "Il Congresso esprime il voto che in attuazione dei princìpi di parità sanciti dalla costituzione, le singole comunità, in materia di elezioni, si attengano nella interpretazione della legge, alle singole direttive:, (1) Iscrizione nelle liste dei contribuenti e nelle liste elettorali di tutti gli ebrei maggiorenni senza distinzione di sesso, di censo o stato civile; (2) Estensione alle donne dell'elettorato passivo; (3) Elezioni generali del consiglio ogni sei anni, fermi restando i rinnovi biennali parziali". Il dibattito continuò su questa linea e nel Congresso straordinario delle comunità israelitiche del 28 aprile 1968 furono adottate nuove norme precettive, che riguardavano vari aspetti dell'amministrazione comunitaria, dalle elezioni (istituzione del suffragio universale), alla tassazione (introduzione del principio di progressività), agli organi amministrativi (istituzione dell'Assemblea della comunità; introduzione del principio di rappresentanza delle minoranze nel Consiglio delle comunità con più di tre consiglieri; riduzione della durata in carica dei Consigli delle comunità e dell'U.C.I.I.; limitazione delle competenze della Giunta; istituzione dell'Assemblea rabbinica, che comprende i rabbini di tutta Italia), per citare soltanto le principali.
Altre modifiche della legge 1731 del 1930, di ordine più generale e non direttamente legate all'amministrazione interna delle comunità, si affermarono per mezzo di sentenze (che interessavano per altro tutte le confessioni minoritarie): con la sentenza 45/1957 cadde l'obbligo di preavviso per le funzioni religiose o cerimonie in luoghi aperti al pubblico, con la sentenza 59/1958 vennero dichiarate incostituzionali due norme del R.D. 289 del 1930 che prevedevano un'autorizzazione per l'apertura di templi e oratori e la necessità - per svolgere qualsiasi pratica religiosa - della presenza di un ministro di culto approvato dallo Stato.
Solo però nel 1987 fu approvato il testo dell'Intesa, ratificata con la legge dell'8 marzo 1989 n.101 12.
Il nuovo Statuto muta il nome delle Comunità da "israelitiche", in "ebraiche" e, conseguentemente, quello dell' Unione delle Comunità israelitiche in Unione delle Comunità ebraiche e riconosce nelle Comunità ebraiche le "istituzioni tradizionali dell'ebraismo in Italia...formazioni sociali originarie , organizzate secondo la legge e la tradizione ebraiche" e stabilisce l'iscrizione alle Comunità " con esplicita dichiarazione" o la fa derivare " da atti concludenti" (art. 1. c.1).
------
1 Vedi a questo proposito: Esposito A. (1995) Un'altra Roma. Minoranze nazionali e comunità ebraiche tra Medioevo e
Rinascimento, Roma, Il Calamo, Toaff A., "Gli Ebrei a Roma", in Annali,cit.: 121-152.
2 Esposito A Un'altra Roma, cit,. K. Stow (1992) , "Ethnic Rivalry or Melting Pot, The Edot in the Roman Ghetto",in Judaism, vol. 41 (3) :.286-296. Toaff A Il ghetto di Roma nel Cinquecento: conflitti etnici e problemi socioeconomici,Jerusalem, Bar-Ilan Univerrsity Press, 1984.
3 Cfr. Esposito A., Un'altra Roma, cit.
4 Con il termine "fattori" erano indicati i tre ebrei preposti al governo del ghetto. In accordo alla riforma amministrativa effettuata da Daniele da Pisa, la loro carica era annuale. Milano A, Il ghetto di Roma, cit..: 179.
5 Vedi Stow K., Taxation, Community and State. The Jews and Fiscal Foundations of the Early Papal State, Stuttgart 1982.
6 Le due imposte dirette più comuni erano la "decima" e la "vigesima" (un decimo ed un ventesimo dei redditi immobiliari) e la "capitolazione" (imposta personale sui redditi immobiliari).
7 Pavoncello N (1970)., "Notizie storiche sulla Comunità Ebraica di Siena e la sua sinagoga", Rassegna mensile di Israel, XXXVI: 7-9; Roth C. (1930), "Le memorie di un ebreo senese (1625-1633)", Rassegna mensile di Israel, , vol.V, seconda serie: 5-6.
8 Per una più ampia trattazione del problema si rimanda, oltre che alle opere di Fubini G.(1974), La condizione giuridica dell'ebraismo italiano, Firenze, La Nuova Italia e Disegni G(1983)., Ebraismo e libertà religiosa in Italia, Torino, Einaudi,, a
Procaccia M. (2006), "Gli archivi delle Istituzioni ebraiche" Storia d'Italia nel secolo XX. Strumenti e fonti, a c. di C. Pavone, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale archivi., III: 377-399.
9 Ad esempio, in Toscana, l'antica comunità di Pitigliano , nel nuovo statuto approvato con r.d. 14 agosto 1881,attribuì agli organi dell'università la facoltà di imporre tasse, secondo la legge Rattazzi, solo in caso di necessità, mentre gli ebrei di Siena nel 1890 e quelli di Pisa nel 1901,si costituirono in associazione volontaria.. A Milano veniva creata una "Opera del tempio israelitico" con carattere di fondazione, a Venezia l'antica "Fraterna" veniva assoggettata al regime degli enti di beneficenza, gli ebrei romani si riorganizzavano nel 1883 in libera associazione, e così pure nel 1900 a Napoli.
10 Fubini G., La condizione giuridica cit.,p.46: Per quanto riguarda il dibattito che precedette e seguì l'emanzione della legge, nonché il ruolo che in esso ebbero i rappresentanti delle Comunità israelitiche, cfr. oltre alle già citate pubblicazioni di Fubini e Disegni, anche De Felice R. (1961), Storia degli ebrei italiani durante il fascismo, Torino, Einaudi,:106-125 e la bibliografia ivi citata.
11 Agli art. 4 e 5 il decreto determinava chi fosse da ritenersi appartenente alla comunità: "Appartengono di diritto alla Comunità tutti gli israeliti che hanno residenza nel territorio di essa". E "Cessa di far parte della Comunità chi passa ad un'altra religione o dichiara di non voler più essere considerato israelita agli effetti del presente decreto. Tale dichiarazione dev'essere fatta al presidente della comunità o al rabbino capo, di persona o con atto in forma autentica. Colui che cessa di far parte della Comunità ai sensi del primo comma perde il diritto di valersi delle istituzioni israelitiche di qualsiasi Comunità; in particolar modo perde il diritto a prestazioni di atti rituali ed alla sepoltura nei cimiteri israelitici".
12 Per un commento sulle novità introdotte dall'Intesa, si veda Fubini G. (1986), "L'Intesa",Rassegna mensile di Israel, vol.LII :.27-35.
Il regime giuridico brevemente riassunto nelle righe precedenti caratterizza la società prima dei ghetti. Due sono le eccezioni: la Sicilia e Roma.
In Sicilia gli ebrei continuavano la tradizione del passato arabo e normanno-svevo: giuridicamente rimanevano servi camerae regiae dal tempo di Federico II, sottratti all'amministrazione feudale, comunale ed anche ecclesiastica. Risiedevano in quartieri propri, esercitavano l'artigianato e l'agricoltura, accanto alla medicina e al commercio, godevano di autonomia amministrativa interna.
A Roma, la struttura socio-economica della Comunità vede già le figure che compariranno nei Capitoli con cui Daniel da Pisa ne riorganizzerà la vita amministrativa: banchieri, mercanti, persone di condizione media e, infine, tutti gli altri. Nello Statuto della città del 1362, comparivano le norme che disciplinavano i rapporti con la Comunità ebraica residente. L'Università mancava di autonomia politica e forza esecutiva, ma aveva una struttura politica ed amministrativa piuttosto complessa, determinata dall'articolata composizione sociale e culturale della collettività ebraica. Tale struttura faceva sostanzialmente capo alle Scuole articolate secondo i diversi riti nazionali 1. La storiografia sta ancora dibattendo sulla natura di istituzioni amministrative e non solo di culto delle Scuole2; tuttavia, almeno per il periodo successivo all'arrivo dei profughi spagnoli sembra configurarsi un tentativo di organizzarsi in comunità amministrativamente autonome3.
Nel 1524, dopo una serie di contrasti fra il gruppo degli ebrei "autoctoni" e quelli dei nuovi arrivati, gli "ultramontani", il noto e stimatissimo banchiere Daniel da Pisa fu incaricato dai vertici della Comunità, sollecitati dallo stesso Pontefice, della redazione di un vero e proprio statuto comunitario (Capitoli) che ponesse fine alle controversie.
In essi si prevedeva un'organizzazione gerarchica che divideva le cariche tra i proprietari di grandi e medie ricchezze. Veniva istituito un "Consiglio dei 60" (composto da 60 persone) preposto alla conduzione della Comunità; al suo interno veniva enucleato un consiglio ristretto, composto da 20 persone, e tra queste erano scelti i 3 fattori4 che rappresentavano l'esecutivo della Comunità. La composizione degli uffici rispettava proporzionalmente le diverse provenienza, romane o ultramontane. Il pagamento delle tasse veniva regolamentato, in maniera più precisa rispetto ai tempi precedenti,5 in proporzione alle ricchezze possedute6; i ceti più poveri, esentati dal pagamento delle tasse, rimanevano esclusi dalla gestione della cosa pubblica. I Capitoli definirono la struttura istituzionale della Universitas Hebreorum Urbis per secoli, con alcuni interludi in epoca francese e durante la breve Repubblica del 1849. Con la successiva restaurazione vennero ripristinate le condizioni precedenti e le istituzioni comunitarie furono radicalmente trasformate solo dopo il 1870.
A causa delle notevoli dispersioni subite dagli archivi delle Comunità ebraiche e delle peculiari situazioni locali, non è semplice ricostruire una storia istituzionale delle Università o Nazioni prima dell'emancipazione, al di fuori di Roma. Ci si augura che informazioni maggiori possano venire dai lavori di riordinamento in corso. Sembra, al momento, di poter registrare ovunque una organizzazione articolata intorno alle Scuole (spesso con denominazione riferita alle diverse origini nazionali, Tedesca, Levantina, ecc.) e che, almeno per gli insediamenti più significativi, strutture basate su consigli allargati e consigli ristretti con "fattori" o "massari", o altre denominazioni siano abbastanza diffuse. Ad esempio, la comunità di Siena, il cui archivio è stato riordinato e inventariato, si presenta fin dalla prima metà del XVII secolo amministrata da un consiglio composto di tredici membri. Dal 1647 il vecchio consiglio detto poi maggiore, fu affiancato da un consiglio minore di cinque membri, con l'incarico di riscuotere le imposte che servivano a far fronte alle spese richieste dai bisogni generali dell'Università., Nel 1825 venne approvato il "Corpo Governativo" della Comunità con un consiglio di cinque membri, fra cui venivano scelti due "massari".7
Durante il periodo napoleonico l'ordinamento delle comunità ebraiche mutò sotto la spinta riorganizzatrice dell'amministrazione francese: ogni centro in cui risiedevano almeno 2.000 ebrei, doveva essere considerato un "Dipartimento" (fornito di una sinagoga, amministrata da 2 notabili e da un rabbino), con un "Concistoro" - che sostituiva il vecchio governo della Comunità - guidato da un Gran Rabbino, un altro rabbino e 3 membri laici. Nei luoghi in cui la popolazione ebraica non raggiungeva le 2.000 persone, più Università costituivano un unico "Concistoro dipartimentale", mentre a Parigi, dal 17 marzo 1808 operava il "Concistoro centrale", a capo di quelli dipartimentali.
Le istituzioni ebraiche dopo l'Unità
All'indomani dell' Unità le "Università Israelitiche"avevano figura giuridica differente secondo le regioni.8 Col progressivo estendersi del regno sabaudo era stata estesa dal Piemonte e dalla Liguria all'Emilia, alle Marche e alle province di Parma e Modena la Legge Rattazzi del 4 luglio 1857 (n.2325) accompagnata da un regolamento "per l'amministrazione e contabilità delle università israelitiche" (n. 2326).
Secondo questa normativa le Università erano costituite obbligatoriamente da tutti gli ebrei residenti nella circoscrizione territoriale da almeno un anno, con potere d'imposizione fiscale, amministrate da consigli eletti dai contribuenti, sottoposte a vigilanza e tutela dello Stato. Diversamente, in Toscana, Veneto, nel Mantovano e in Venezia Giulia esse avevano potere di imposizione, ma la legislazione toscana ed austriaca rimetteva agli organi delle comunità il regolamento interno.
Tra la fine dell''800 e l'inizio del '900 le antiche comunità vennero progressivamente trasformandosi, manifestando generalmente la tendenza ad assumere carattere di associazioni private9.
La legge Rattazzi prevedeva (art.27) la possibilità di costituire Consorzi delle "Università israelitiche". In forza di ciò, tra il 1909 e il 1914 venne costituito un "Comitato delle Università israelitiche italiane, composto da 11 membri eletti dai delegati delle comunità, le quali dovevano versare al Comitato un contributo in proporzione agli iscritti. Nel maggio 1914 un successivo Congresso tenutosi a Roma approvò lo "Statuto del Consorzio delle Università e Comunità israelitiche italiane".
Con l'avvento del fascismo la riorganizzazione delle istituzioni comunitarie ebbe un ruolo importante nel quadro della politica fascista nei confronti degli ebrei .
Il r.d. 30 ottobre 1930,n.1731, cosiddetta Legge Falco, "sulle comunità israelitiche e sulla Unione delle comunità medesime" ed il successivo regolamento di applicazione 19 dicembre 1931, n. 1561 sottoponeva all'autorità dello Stato tutte le forme di attività, specie quelle a base collettiva10. La normativa dava a tutte le Comunità e Università israelitiche il carattere di enti di diritto pubblico, accentuava i poteri direttivi e diminuiva la rappresentatività dei Consigli, inaspriva la vigilanza e tutela governativa sia in riferimento alle singole Comunità che all'Unione delle Comunità, istituita in sostituzione del precedente Consorzio. Risultava irrilevante, ai fini della creazione o soppressione delle comunità, la volontà degli interessati11, erano rigidamente regolate le iscrizioni e cancellazioni, veniva esteso l'obbligo del contributo, che escludeva ogni criterio di progressività, sottoponeva all'approvazione (sempre revocabile) del Ministro dell'Interno l'elezione del Presidente e la nomina del Rabbino-capo.
Con la Repubblica, la legislazione sulle Comunità ebraiche apparve presto inconciliabile con il complesso delle norme costituzionali in materia di libertà religiosa individuale e collettiva.
Nel corso degli anni la legge subì alcune importanti modifiche. Fra le questioni nodali, le norme sull'elettorato - passivo e attivo - del Consiglio. Con la prima mozione del VI Congresso dell'U.C.I.I. (Roma, aprile-maggio 1961) "Il Congresso esprime il voto che in attuazione dei princìpi di parità sanciti dalla costituzione, le singole comunità, in materia di elezioni, si attengano nella interpretazione della legge, alle singole direttive:, (1) Iscrizione nelle liste dei contribuenti e nelle liste elettorali di tutti gli ebrei maggiorenni senza distinzione di sesso, di censo o stato civile; (2) Estensione alle donne dell'elettorato passivo; (3) Elezioni generali del consiglio ogni sei anni, fermi restando i rinnovi biennali parziali". Il dibattito continuò su questa linea e nel Congresso straordinario delle comunità israelitiche del 28 aprile 1968 furono adottate nuove norme precettive, che riguardavano vari aspetti dell'amministrazione comunitaria, dalle elezioni (istituzione del suffragio universale), alla tassazione (introduzione del principio di progressività), agli organi amministrativi (istituzione dell'Assemblea della comunità; introduzione del principio di rappresentanza delle minoranze nel Consiglio delle comunità con più di tre consiglieri; riduzione della durata in carica dei Consigli delle comunità e dell'U.C.I.I.; limitazione delle competenze della Giunta; istituzione dell'Assemblea rabbinica, che comprende i rabbini di tutta Italia), per citare soltanto le principali.
Altre modifiche della legge 1731 del 1930, di ordine più generale e non direttamente legate all'amministrazione interna delle comunità, si affermarono per mezzo di sentenze (che interessavano per altro tutte le confessioni minoritarie): con la sentenza 45/1957 cadde l'obbligo di preavviso per le funzioni religiose o cerimonie in luoghi aperti al pubblico, con la sentenza 59/1958 vennero dichiarate incostituzionali due norme del R.D. 289 del 1930 che prevedevano un'autorizzazione per l'apertura di templi e oratori e la necessità - per svolgere qualsiasi pratica religiosa - della presenza di un ministro di culto approvato dallo Stato.
Solo però nel 1987 fu approvato il testo dell'Intesa, ratificata con la legge dell'8 marzo 1989 n.101 12.
Il nuovo Statuto muta il nome delle Comunità da "israelitiche", in "ebraiche" e, conseguentemente, quello dell' Unione delle Comunità israelitiche in Unione delle Comunità ebraiche e riconosce nelle Comunità ebraiche le "istituzioni tradizionali dell'ebraismo in Italia...formazioni sociali originarie , organizzate secondo la legge e la tradizione ebraiche" e stabilisce l'iscrizione alle Comunità " con esplicita dichiarazione" o la fa derivare " da atti concludenti" (art. 1. c.1).
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1 Vedi a questo proposito: Esposito A. (1995) Un'altra Roma. Minoranze nazionali e comunità ebraiche tra Medioevo e
Rinascimento, Roma, Il Calamo, Toaff A., "Gli Ebrei a Roma", in Annali,cit.: 121-152.
2 Esposito A Un'altra Roma, cit,. K. Stow (1992) , "Ethnic Rivalry or Melting Pot, The Edot in the Roman Ghetto",in Judaism, vol. 41 (3) :.286-296. Toaff A Il ghetto di Roma nel Cinquecento: conflitti etnici e problemi socioeconomici,Jerusalem, Bar-Ilan Univerrsity Press, 1984.
3 Cfr. Esposito A., Un'altra Roma, cit.
4 Con il termine "fattori" erano indicati i tre ebrei preposti al governo del ghetto. In accordo alla riforma amministrativa effettuata da Daniele da Pisa, la loro carica era annuale. Milano A, Il ghetto di Roma, cit..: 179.
5 Vedi Stow K., Taxation, Community and State. The Jews and Fiscal Foundations of the Early Papal State, Stuttgart 1982.
6 Le due imposte dirette più comuni erano la "decima" e la "vigesima" (un decimo ed un ventesimo dei redditi immobiliari) e la "capitolazione" (imposta personale sui redditi immobiliari).
7 Pavoncello N (1970)., "Notizie storiche sulla Comunità Ebraica di Siena e la sua sinagoga", Rassegna mensile di Israel, XXXVI: 7-9; Roth C. (1930), "Le memorie di un ebreo senese (1625-1633)", Rassegna mensile di Israel, , vol.V, seconda serie: 5-6.
8 Per una più ampia trattazione del problema si rimanda, oltre che alle opere di Fubini G.(1974), La condizione giuridica dell'ebraismo italiano, Firenze, La Nuova Italia e Disegni G(1983)., Ebraismo e libertà religiosa in Italia, Torino, Einaudi,, a
Procaccia M. (2006), "Gli archivi delle Istituzioni ebraiche" Storia d'Italia nel secolo XX. Strumenti e fonti, a c. di C. Pavone, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale archivi., III: 377-399.
9 Ad esempio, in Toscana, l'antica comunità di Pitigliano , nel nuovo statuto approvato con r.d. 14 agosto 1881,attribuì agli organi dell'università la facoltà di imporre tasse, secondo la legge Rattazzi, solo in caso di necessità, mentre gli ebrei di Siena nel 1890 e quelli di Pisa nel 1901,si costituirono in associazione volontaria.. A Milano veniva creata una "Opera del tempio israelitico" con carattere di fondazione, a Venezia l'antica "Fraterna" veniva assoggettata al regime degli enti di beneficenza, gli ebrei romani si riorganizzavano nel 1883 in libera associazione, e così pure nel 1900 a Napoli.
10 Fubini G., La condizione giuridica cit.,p.46: Per quanto riguarda il dibattito che precedette e seguì l'emanzione della legge, nonché il ruolo che in esso ebbero i rappresentanti delle Comunità israelitiche, cfr. oltre alle già citate pubblicazioni di Fubini e Disegni, anche De Felice R. (1961), Storia degli ebrei italiani durante il fascismo, Torino, Einaudi,:106-125 e la bibliografia ivi citata.
11 Agli art. 4 e 5 il decreto determinava chi fosse da ritenersi appartenente alla comunità: "Appartengono di diritto alla Comunità tutti gli israeliti che hanno residenza nel territorio di essa". E "Cessa di far parte della Comunità chi passa ad un'altra religione o dichiara di non voler più essere considerato israelita agli effetti del presente decreto. Tale dichiarazione dev'essere fatta al presidente della comunità o al rabbino capo, di persona o con atto in forma autentica. Colui che cessa di far parte della Comunità ai sensi del primo comma perde il diritto di valersi delle istituzioni israelitiche di qualsiasi Comunità; in particolar modo perde il diritto a prestazioni di atti rituali ed alla sepoltura nei cimiteri israelitici".
12 Per un commento sulle novità introdotte dall'Intesa, si veda Fubini G. (1986), "L'Intesa",Rassegna mensile di Israel, vol.LII :.27-35.
Siti web:
Consorzio delle comunità israelitiche italiane. Attività fino al 1924. Inventario dell'archivio online in pdf
Luzzatto Samuel David in Dizionario biografico degli italiani, Treccani
Università israelitica di Pitigliano. Archivio storico. Inventario dell'archivio online in pdf
Soggetti produttori collegati:
Comitato ricerche deportati ebrei - CRDE
Comunità ebraica di Bologna
Comunità ebraica di Carpi
Comunità ebraica di Casale Monferrato
Comunità ebraica di Ferrrara
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Procaccia Micaela, 2012, prima redazione