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Comune di Apricale

Sede: Apricale
Date di esistenza: sec. XI -

Intestazioni:
Comune di Apricale, Apricale (Imperia), sec. XI -, SIUSA

L’origine di un nucleo abitato organizzato sotto una prima forma di ordinamento comunale potrebbe farsi risalire verso il Mille. Risalgono grossomodo a quest’epoca, infatti, i frammenti pergamenacei più antichi dell’archivio storico (entrambi di carattere religioso) e la prima citazione nota del borgo nella forma "Avrigallus" all’interno di un documento pubblico (1092). Ed è sempre intorno a queste date che i conti di Ventimiglia, primi feudatari della zona, fondarono il castello detto “della lucertola”, attorno al quale si sarebbe sviluppato in rapido progresso di tempo il nucleo primitivo del borgo medievale.
Nel secolo XIII questo poteva dirsi ormai ben consolidato e dotato anche di una propria fisionomia istituzionale se, stando a quanto tradotto nel preziosissimo “inventaro delle Scritture e Pergamene del Comune di Apricale” steso nel 1776 dal notaio Stefano Marchesano (conservato presso la Sezione Storica, u.a. 1), la notizia dell’elezione dei primi consoli del paese deve farsi risalire già al 4 ottobre 1216. Storicamente comprovabile, invece, è la notizia dell’attività di un podestà in loco nel 1246 (Bertrando de Eza) a dimostrazione di un organismo comunale già strutturato il quale, pochi anni dopo, nel 1267, procederà ad approvare i 79 capitula del corpus statutario che regolavano minuziosamente gli aspetti della vita quotidiana; si trattava tuttavia di una riforma, segno inequivocabile che il Comune o, meglio, la communitas formata dal parlamento degli homines e della universitas esisteva già da tempo. Nel frattempo, a seguito delle sconfitte maturate sul campo di battaglia che li videro opposti alla Dominante, il feudo di Apricale passò dapprima (1265) nelle mani del conte Filippino di Ventimiglia e, quindi (1276), nelle mani del genovese Oberto Doria, signore di Dolceacqua dal 1270 il quale, nel 1287 acquistò anche il borgo di Isolabona, aggregandolo a quello di Apricale, e, nel 1288, quello di Perinaldo. La data del 1276, oltre a sancire la conclusione del dominio dei conti di Ventimiglia, segnò anche la conquista di importanti prerogative da parte del Comune, sancite nella redazione degli statuti, i più antichi della Liguria occidentale. È il caso della facoltà di potersi reggere “autonomamente” mediante il governo di un podestà e di cinque o quattro consoli, ai quali era affidata anche l’amministrazione della “giustizia”, ossia il potere di poter stabilire le pene e le sanzioni per i principali reati, a loro volta coadiuvati da due sindici e dieci consiglieri, e di godere del diritto di erbaggio e pascolo sulle bandite montane, sorvegliate dai campari, oltre che di tutte le consuetudini, usi e capitoli scritti (e non) applicati nei tempi passati dai conti di Ventimiglia. Nasce, o forse risorge, così, un istituto di governo, quello consolare, che sarà destinato a esprimere appieno l’identità della communitas sin quasi alle soglie del XIX secolo, ossia fino agli stravolgimenti amministrativi introdotti dalla rivoluzione francese e dall’impero napoleonico; una tradizione talmente sentita da giungere a vincere in sede di tribunale regio persino le resistenze del marchese Marco Antonio Doria, che, nel 1749, si era rifiutato di seguire le orme degli avi e designare le quattro nomine consolari scegliendole dalle liste (le “rose”) delle due fazioni popolari.
Grazie alla fioritura economica del feudo doriano, il Quattrocento segna un periodo di favorevole apertura del Comune di Apricale (e Isolabona) nei confronti delle comunità limitrofe, tra cui Dolceacqua, Perinaldo, Briga, con le quali procede a concludere una serie di patti e convenzioni dirette a regolare i rispettivi diritti di sfruttamento delle risorse del territorio.
Agli inizi del Cinquecento la storia del feudo mutò improvvisamente di segno, allorquando il successore di Enrichetto, Bartolomeo Doria decise di sopprimere suo zio, il signore di Monaco, Luciano Grimaldi, allo scopo di estendere il feudo di Dolceacqua sino al confine della contea di Nizza. Raggiunto il congiunto a Monaco, questi lo pugnalò a morte il 22 agosto 1523 causando, però, la ferma reazione del fratello di lui, il vescovo di Grasse Agostino Grimaldi, che organizzò immediatamente una spedizione punitiva formata da 700 uomini, con i quali risalì il corso del Nervia sottomettendo uno dopo l’altro i principali castelli del feudo. Dolceacqua prima e Apricale, poi, furono così devastate mentre Bartolomeo Doria riusciva ad avere salva la vita riparando in Francia. Dichiarato decaduto dall’imperatore Carlo V, quest’ultimo fu sostituito dal luogotenente del vescovo, Bartolomeo Grimaldi, al quale, il 3 novembre 1523, i sindaci di Apricale e Isolabona giurarono fedeltà a nome dell’intera popolazione. Nel marzo dell’anno successivo, tuttavia, il duca Carlo III di Savoia intervenne a reintegrare nei suoi domini lo spodestato Bartolomeo il quale, nel frattempo, aveva ormai donato al sovrano sabaudo tutti i suoi beni e diritti su Dolceacqua, Apricale (e Isolabona) e Perinaldo. Ritornata così nelle mani di Stefano Doria (successore di Bartolomeo), ovvero sotto la protezione sabauda, Apricale giunse a separarsi ufficialmente da Isolabona, che riacquistò così una propria autonomia, e alla spartizione di un territorio condiviso da tempo, che spettò per due terzi alla prima e per un terzo alla seconda. Non è un caso, dunque, se fu anche per aggiornare il quadro istituzionale e fondiario del paese, che, nel 1552 e nel 1610, si procedette a modificare ulteriormente l’antico corpo statutario comunale.
Nuovi danneggiamenti derivarono al borgo nel corso della guerra del 1625-27 tra il duca di Savoia, Carlo Emanuele I, e la Repubblica di Genova, che si concluse nel peggiore dei modi per il signore del luogo, Carlo Doria, il quale, fuggito dal feudo occupato dai Savoia e riparato a Torino, giunse a promettere al duca sabaudo la cessione della sua signoria in cambio di una somma di 270 mila scudi d’oro e del titolo di principe. Pentitosi della promessa, Carlo si allontanò quindi da Torino morendo poco dopo e lasciando il feudo in eredità al figlio Francesco Doria, il quale firmò la cessione del feudo con atto del 25 gennaio 1652, salvo riceverne in cambio la reinvestitura formale e il titolo di marchese di Dolceacqua e conte della Rocchetta (Nervina). Entrato definitivamente nell’ottica sabauda, Apricale ne seguì fino in fondo le vicende, patendo pesanti conseguenze alle colture anche nella guerra del 1672, che oppose nuovamente i Savoia a Genova.
Agli inizi del XVIII secolo il paese venne coinvolto nella guerra di successione spagnola (1744-1747), la quale, preceduta da gelate, siccità, carestie e cicliche epidemie di peste (1720), obbligò il Comune a contribuirvi con forti somme di denaro e a subire fastidiose requisizioni di bestiame. La successiva guerra dichiarata dai Savoia contro la Francia giacobina nel 1792 portò a nuovi pesanti aggravi fiscali per il paese, che, due anni dopo, nell’aprile 1794, si vide occupato da un manipolo di soldati rivoluzionari al comando del generale Massena e costretto nuovamente a subire pesanti requisizioni di viveri e animali da soma e soprusi di ogni genere. Se intorno al 1770 scomparve la carica secolare dei consoli a favore di quella del “bailo”, dopo la nascita della nuova Repubblica democratica ligure sarà quella del “maire” (il sindaco) a imporsi alla guida dell’amministrazione comunale.
Nel 1805 Apricale seguì le sorti del resto della Liguria e venne così annesso all’Impero napoleonico, al quale, secondo l’obbligo appena introdotto, dovette fornire numerosi coscritti per rimpolpare le fila degli eserciti impegnati nelle varie campagne militari in Europa. Con l’annessione della Liguria al Regno di Sardegna nel gennaio 1815 e al Regno d’Italia nel 1861, Apricale non subì particolari modifiche nella conduzione politica.
In epoca postunitaria il Comune di Apricale seguì le vicende politiche e amministrative di tutti i comuni italiani.


Condizione giuridica:
pubblico

Tipologia del soggetto produttore:
ente pubblico territoriale

Profili istituzionali collegati:
Comune, 1859 -

Complessi archivistici prodotti:
Comune di Apricale (fondo)
Stato civile del Comune di Apricale (fondo)


Bibliografia:
G. ROSSI, Storia del marchesato di Dolceacqua e dei comuni della val Nervia, Bordighera 1966
N. CALVINI - M. CASSINI, Apricale, Imperia 1991
F. ROSTAN, Storia della contea di Ventimiglia, Bordighera 1971

Redazione e revisione:
Frassinelli Antonella, 2006/01/09, prima redazione
Frassinelli Antonella, 2007/07/18, revisione


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