Già nel VI secolo si ha notizia dell'esistenza, in Italia, di collegi clericali in contesti non cittadini: il fatto che anche le chiese battesimali delle campagne venissero officiate da gruppi di chierici è anzi considerato un carattere proprio dell'organizzazione della cura d'anime nell'Italia medievale (per quanto i pochi dati a disposizione siano stati talvolta generalizzati con troppa facilità). In ogni pieve vi era un certo numero di chierici, dotati di diversi gradi dell'ordine sacro, che facevano vita comune; erano guidati da un arciprete, curavano insieme la liturgia e la pratica sacramentale della chiesa battesimale e delle cappelle soggette alla chiesa matrice.
È possibile che le regole diffuse in età carolingia e la riforma dell'XI secolo abbiano favorito la diffusione di questo genere di collegialità, ma va ricordato che i capitoli rurali esistevano principalmente perché vi era la necessità pratica di gestire la cura d'anime su vasti territori. Più che dal desiderio di perfezione, lo stimolo alla vita comune nelle pievi nasceva dunque dalla necessità di collaborare per curare collegialmente la liturgia e la pastorale nel plebatus, a prescindere dall'esistenza di una regola.
Il capitolo pievano (o parrocchiale) poteva essere composto anche di poche o pochissime unità, ma sceglieva i propri membri per cooptazione ed eleggeva l'arciprete, talvolta andando anche contro la volontà del vescovo; si manteneva grazie al patrimonio della pieve o della parrocchia, gestito collegialmente. A partire dal XIII secolo si nota però, nella grande maggioranza dei casi, un'evoluzione: finisce la vita comune e il patrimonio collettivo viene suddiviso in prebende; i membri del capitolo pievano si assentano, cumulano più benefici, delegano la cura d'anime a vicari. L'indebolimento dei capitoli pievani portò spesso alla perdita del tradizionale diritto di elezione e di cooptazione, a favore del vescovo o di intromissioni laicali. Nel tardo medioevo sopravviveva spesso solo la base patrimoniale, che forniva benefici considerati privi di obblighi di cura d'anime a chierici non residenti, semplici oggetti di scambio sul mercato beneficiale. Tali rendite furono poi accorpate nel XVI secolo al beneficio del curatore d'anime, o destinate a scopi diversi (talvolta alla costituzione del seminario diocesano). Vi sono però parrocchie che hanno conservato fino all'età moderna o contemporanea una struttura che, in continuità con i capitoli pievani medievali, prevede l'esistenza di più chierici ad essi addette (collegiate).
Il capitolo pievano (o parrocchiale) poteva essere composto anche di poche o pochissime unità, ma sceglieva i propri membri per cooptazione ed eleggeva l'arciprete, talvolta andando anche contro la volontà del vescovo; si manteneva grazie al patrimonio della pieve o della parrocchia, gestito collegialmente. A partire dal XIII secolo si nota però, nella grande maggioranza dei casi, un'evoluzione: finisce la vita comune e il patrimonio collettivo viene suddiviso in prebende; i membri del capitolo pievano si assentano, cumulano più benefici, delegano la cura d'anime a vicari. L'indebolimento dei capitoli pievani portò spesso alla perdita del tradizionale diritto di elezione e di cooptazione, a favore del vescovo o di intromissioni laicali. Nel tardo medioevo sopravviveva spesso solo la base patrimoniale, che forniva benefici considerati privi di obblighi di cura d'anime a chierici non residenti, semplici oggetti di scambio sul mercato beneficiale. Tali rendite furono poi accorpate nel XVI secolo al beneficio del curatore d'anime, o destinate a scopi diversi (talvolta alla costituzione del seminario diocesano). Vi sono però parrocchie che hanno conservato fino all'età moderna o contemporanea una struttura che, in continuità con i capitoli pievani medievali, prevede l'esistenza di più chierici ad essi addette (collegiate).
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Bibliography:
La vita comune del clero nei secoli XI e XII, atti della Settimana di studio, Mendola, settembre 1959 (Pubblicazioni dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Miscellanea del Centro di Studi medioevali, 3), Milano 1962
C. VIOLANTE, Ricerche sulle istituzioni ecclesiastiche dell'Italia centro-settentrionale nel Medioevo, Palermo 1986
G. FORCHIELLI, Scritti di storia del diritto ecclesiastico. La pieve rurale e la storia della costituzione della Chiesa nell'Italia centro-settentrionale (Facoltà di giurisprudenza dell'Università di Bologna. Istituto giuridico «A. Cicu». Ristampe 3), Bologna 1991
E. CURZEL, Collegialità clericale nelle pievi trentine, in Dom- und Kollegiatstifte in der Region Tirol - Südtirol - Trentino in Mittelalter und Neuzeit / Collegialità ecclesiastica nella regione trentino-tirolese dal medioevo all'età moderna, a cura di H. OBERMAIR - K. BRANDSTÄTTER - E. CURZEL (Schlern-Schriften, 329), Innsbruck 2006, 43-49
Editing and review:
Curzel Emanuele, 2007/08, prima redazione