L'associazione nacque per incentivare il maneggio delle armi e la pratica del tiro, ritenute utili attitudini sul piano educativo e patriottico, e per coordinare l'addestramento all'uso delle armi da fuoco dei giovani delle nuove regioni annesse al Regno d'Italia. Già con il r.d. 1° aprile 1861, n. 4689, su proposta dell'allora ministro dell'interno, era stata promossa e favorita l'istituzione dei tiri a segno comunali, mandamentali e provinciali. Il successivo r.d. 4 agosto 1861, n. 138 aveva poi stanziato un contributo di lire centomila annue per le società dei tiri, destinandone metà alla costituenda Società per il tiro a segno nazionale.
Il r.d. 11 dicembre 1863, n. 1510 intervenne di nuovo nella materia, incoraggiando proposte ed iniziative per l'istituzione di nuovi tiri a segno.
Con la legge 2 luglio 1882, n. 883 e il relativo regolamento attuativo, approvato con r.d. 15 aprile 1883, n. 1324, fu dato un assetto organico al tiro a segno, che divenne un importante riferimento per la preparazione dei giovani al servizio militare e per l'uso delle armi nell'esercito e nelle milizie. Tale legge prevedeva infatti la costituzione del Tiro a segno nazionale e l'istituzione di società nei comuni sede di provincia e di mandamento, non escludendo che nelle restanti città potessero sorgerne delle altre. Si stabilì che tali società dipendessero dal Ministero della guerra per la parte tecnica e dal Ministero dell'interno per la parte tecnico-amministrativa. L'amministrazione delle singole associazioni era esercitata da un ufficio di presidenza, composto da un numero variabile da 5 a 9 membri, in proporzione al numero dei soci. Gli iscritti, che dovevano avere compiuto sedici anni, venivano divisi in tre riparti: scuola, milizia, libero.
Nel 1894 dal Tiro a segno nazionale ebbe origine la Commissione centrale del Tiro a segno nazionale, trasformatasi nello stesso anno in Unione dei tiratori italiani. L'11 novembre 1910 questo organismo assunse la denominazione di Unione italiana di tiro a segno e nel 1919 entrò a far parte del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI).
Profondi mutamenti si ebbero durante il regime fascista. Con la legge 17 aprile 1930, n. 479 e con il r.d. 21 novembre 1932, n. 2051 si soppresse il sistema elettivo delle cariche, sostituito dalla nomina dei dirigenti sociali da parte del Ministero della guerra; le società furono trasformate in sezioni alle dipendenze dei comandi militari territoriali; i presidenti vennero scelti tra gli ufficiali della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. Le sezioni avevano sede nei soli capoluoghi di provincia e di mandamento; presso ciascuna di esse operavano un reparto di "balilla", un gruppo sportivo, un gruppo di ufficiali in congedo e un gruppo di dopolavoristi. In questi anni l'Unione italiana di tiro a segno, ente puramente sportivo che curava l'organizzazione tecnica e il coordinamento delle esercitazione e delle gare, rientrò a far parte del Tiro a segno nazionale. Con la legge 4 giugno 1934, n. 950 lo Stato concesse aiuti finanziari per favorire la pratica e la diffusione del tiro e sostenere le spese per l'istituzione, in tutti i comuni, di sezioni e poligoni; conferì, inoltre, all'Unione personalità giuridica. La successiva legge 4 giugno 1936, n. 1143, che aveva convertito in legge il r.d. 6 dicembre 1935, n. 2430, indicò fra i compiti del Tiro a segno nazionale l'addestramento al tiro degli obbligati all'istruzione premilitare e postmilitare, nonché di tutti coloro che prestavano servizio armato presso enti pubblici o privati e di coloro che richiedevano una licenza di porto d'armi. All'Unione italiana di tiro a segno vennero, invece, mantenuti compiti di natura sportiva: perfezionamento dei giovani con particolari attitudini al tiro, organizzazione e disciplina delle gare, partecipazione a competizioni internazionali. Alle società di tiro comunali e provinciali subentrarono le sezioni del Tiro a segno nazionale ed i campi di tiro, impiantati a spese dello Stato, furono compresi fra gli immobili demaniali militari e dati in uso alle sezioni stesse a titolo gratuito.
Con la caduta del fascismo e con la soppressione della milizia fascista nel 1943, il tiro a segno rimase senza organi direttivi centrali e periferici. Il decreto legislativo luogotanenziale 8 luglio 1944, n. 286 pose il tiro a segno alla diretta dipendenza del Ministero della guerra, sciolse gli organi di amministrazione dell'Unione, rientrata a far parte come federazione sportiva del CONI nel 1942 (legge 16 dicembre, n. 426) e delle sezioni locali di Tiro a segno nazionale e nominò un commissario straordinario.
Alla gestione commissariale subentrò, con un decreto del 30 marzo 1947, un consiglio provvisorio nel quale erano rappresentati i Ministeri della difesa e dell'interno, il CONI, l'Unione italiana di tiro a segno e le sezioni di Tiro a segno nazionale.
I nuovi organi amministrativi vennero nominati solo nel 1974: con il d.p.r. dell'11 novembre 1974 furono ricostituiti gli organi ordinari di amministrazione dell'Unione italiana di tiro a segno (presidente e quattro consiglieri eletti; tre consiglieri di nomina ministeriale) e delle sezioni di Tiro a segno nazionale (tre o cinque consiglieri eletti secondo il numero degli iscritti; un delegato dell'Unione e un delegato del comune). Con il d.p.r. del 12 novembre 1976, poi, il numero dei consiglieri dell'Unione fu portato a cinque. Nello stesso periodo, la legge 18 aprile 1975, n. 110 sul controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi, impose ai presidenti delle sezioni di Tiro a segno nazionale nuovi compiti nello svolgimento dell'attività istituzionale, ormai limitata all'addestramento di coloro che prestavano servizio armato presso enti pubblici o privati e di coloro che chiedevano il permesso di porto d'armi. In base all'art. 31 della predetta legge, i direttori e gli istruttori delle sezioni detenavano una licenza rilasciata dal prefetto, i presidenti dovevano tenere appositi registri in cui annotare gli iscritti e le armi in dotazione, un registro giornaliero delle frequenze e un registro di carico e scarico delle munizioni.
Tale materia, successivamente, è stata disciplinata con la legge 28 maggio 1981, n. 286.
Con d.p.r. 21 dicembre 1981, n. 1133, è stato poi approvato lo statuto dell'Unione, ente pubblico nazionale con autonomia tecnica, organizzativa e di gestione posto sotto la vigilanza del Ministero della difesa, e della Federazione sportiva nazionale riconosciuta dal CONI, che ha il compito di vigilare sulle attività istituzionali e sportive delle sezioni di Tiro a segno nazionale e di promuovere e disciplinare lo sport del tiro a segno.
Attualmente l'Unione è disciplinata dallo statuto approvato con decreto del Ministro della difesa 14 aprile 1998, poi modificato per effetto del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242 sul riordino del CONI. L'attività di tiro svolta presso le sezioni del Tiro a segno nazionale è soggetta alla vigilanza di organi dipendenti dal Ministero dell'interno. L'uso dei poligoni è regolato dall'Unione, d'intesa con il Ministero della difesa.
L'Unione applica i regolamenti dell'International Shooting Sport Federatione (ISSF), a cui è affiliata, non contrastanti con l'ordinamento giuridico italiano e con le deliberazioni e gli indirizzi del Comitato internazionale olimpico (CIO) e del CONI.
Le sezioni di Tiro a segno nazionale sono sottoposte alla vigilanza e al controllo degli organi centrali e periferici dell'Unione dai quali ricevono direttive e ai quali rendono conto della vita istituzionale, sportiva, organizzativa, amministrativa e disciplinare. Le sezioni sono infatti costituite in seguito all'autorizzazione del consiglio direttivo dell'Unione, qualora se ne ravvisi l'opportunità per l'assolvimento dei compiti devoluti al Tiro a segno nazionale dalla legge 28 maggio 1981, n. 286. L'Unione stessa designa un commissario che accerta le condizioni per ripristinare un poligono o per crearne uno ex novo e le iscrizioni di chi è obbligato dalla legge e di chi voglia svolgere attività sportiva o di addestramento e, in seguito, procede all'elezione dei componenti il consiglio direttivo, con numero variabile da 5 a 7 a seconda del numero degli iscritti alla sezione e tesserati all'Unione. Oltre al presidente, scelto tra i membri del consiglio e in carica per quattro anni, e al consiglio direttivo, sono organi della sezione l'assemblea degli iscritti, il revisore dei conti per le sezioni meno numerose o il collegio dei revisori dei conti, formato da tre membri, qualora la sezione abbia oltre 2000 tra iscritti e associati. Sono presenti, inoltre, un probo viro o un collegio di 3 probi viri per le sezioni più consistenti. L'elettorato attivo spetta a tutti i soci maggiori di diciotti anni e iscritti alla sezione da almeno sei mesi. Possono iscriversi coloro che vogliano praticare il tiro a segno, purché maggiori di dieci anni e dotati di "irreprensibile condotta morale, civile e sportiva"; sono invece tenuti all'iscrizione coloro che prestano servizio armato presso enti pubblici o privati, coloro che richiedano la certificazione di idoneità al maneggio delle armi e coloro che sono obbligati dalla legge. Tutti i soci pagano una quota associativa e una quota riferita al tesseramento obbligatorio alla Unione; un quarto degli introiti delle quote annuali d'iscrizione degli iscritti deve per legge essere corrisposto trimestralmente nelle casse dell'Unione. Le sezioni locali sono riunite in comitati regionali.
(descrizione rielaborata da http://www.uits.it e con il contributo di Simona Cambiotti)
Profondi mutamenti si ebbero durante il regime fascista. Con la legge 17 aprile 1930, n. 479 e con il r.d. 21 novembre 1932, n. 2051 si soppresse il sistema elettivo delle cariche, sostituito dalla nomina dei dirigenti sociali da parte del Ministero della guerra; le società furono trasformate in sezioni alle dipendenze dei comandi militari territoriali; i presidenti vennero scelti tra gli ufficiali della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. Le sezioni avevano sede nei soli capoluoghi di provincia e di mandamento; presso ciascuna di esse operavano un reparto di "balilla", un gruppo sportivo, un gruppo di ufficiali in congedo e un gruppo di dopolavoristi. In questi anni l'Unione italiana di tiro a segno, ente puramente sportivo che curava l'organizzazione tecnica e il coordinamento delle esercitazione e delle gare, rientrò a far parte del Tiro a segno nazionale. Con la legge 4 giugno 1934, n. 950 lo Stato concesse aiuti finanziari per favorire la pratica e la diffusione del tiro e sostenere le spese per l'istituzione, in tutti i comuni, di sezioni e poligoni; conferì, inoltre, all'Unione personalità giuridica. La successiva legge 4 giugno 1936, n. 1143, che aveva convertito in legge il r.d. 6 dicembre 1935, n. 2430, indicò fra i compiti del Tiro a segno nazionale l'addestramento al tiro degli obbligati all'istruzione premilitare e postmilitare, nonché di tutti coloro che prestavano servizio armato presso enti pubblici o privati e di coloro che richiedevano una licenza di porto d'armi. All'Unione italiana di tiro a segno vennero, invece, mantenuti compiti di natura sportiva: perfezionamento dei giovani con particolari attitudini al tiro, organizzazione e disciplina delle gare, partecipazione a competizioni internazionali. Alle società di tiro comunali e provinciali subentrarono le sezioni del Tiro a segno nazionale ed i campi di tiro, impiantati a spese dello Stato, furono compresi fra gli immobili demaniali militari e dati in uso alle sezioni stesse a titolo gratuito.
Con la caduta del fascismo e con la soppressione della milizia fascista nel 1943, il tiro a segno rimase senza organi direttivi centrali e periferici. Il decreto legislativo luogotanenziale 8 luglio 1944, n. 286 pose il tiro a segno alla diretta dipendenza del Ministero della guerra, sciolse gli organi di amministrazione dell'Unione, rientrata a far parte come federazione sportiva del CONI nel 1942 (legge 16 dicembre, n. 426) e delle sezioni locali di Tiro a segno nazionale e nominò un commissario straordinario.
Alla gestione commissariale subentrò, con un decreto del 30 marzo 1947, un consiglio provvisorio nel quale erano rappresentati i Ministeri della difesa e dell'interno, il CONI, l'Unione italiana di tiro a segno e le sezioni di Tiro a segno nazionale.
I nuovi organi amministrativi vennero nominati solo nel 1974: con il d.p.r. dell'11 novembre 1974 furono ricostituiti gli organi ordinari di amministrazione dell'Unione italiana di tiro a segno (presidente e quattro consiglieri eletti; tre consiglieri di nomina ministeriale) e delle sezioni di Tiro a segno nazionale (tre o cinque consiglieri eletti secondo il numero degli iscritti; un delegato dell'Unione e un delegato del comune). Con il d.p.r. del 12 novembre 1976, poi, il numero dei consiglieri dell'Unione fu portato a cinque. Nello stesso periodo, la legge 18 aprile 1975, n. 110 sul controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi, impose ai presidenti delle sezioni di Tiro a segno nazionale nuovi compiti nello svolgimento dell'attività istituzionale, ormai limitata all'addestramento di coloro che prestavano servizio armato presso enti pubblici o privati e di coloro che chiedevano il permesso di porto d'armi. In base all'art. 31 della predetta legge, i direttori e gli istruttori delle sezioni detenavano una licenza rilasciata dal prefetto, i presidenti dovevano tenere appositi registri in cui annotare gli iscritti e le armi in dotazione, un registro giornaliero delle frequenze e un registro di carico e scarico delle munizioni.
Tale materia, successivamente, è stata disciplinata con la legge 28 maggio 1981, n. 286.
Con d.p.r. 21 dicembre 1981, n. 1133, è stato poi approvato lo statuto dell'Unione, ente pubblico nazionale con autonomia tecnica, organizzativa e di gestione posto sotto la vigilanza del Ministero della difesa, e della Federazione sportiva nazionale riconosciuta dal CONI, che ha il compito di vigilare sulle attività istituzionali e sportive delle sezioni di Tiro a segno nazionale e di promuovere e disciplinare lo sport del tiro a segno.
Attualmente l'Unione è disciplinata dallo statuto approvato con decreto del Ministro della difesa 14 aprile 1998, poi modificato per effetto del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242 sul riordino del CONI. L'attività di tiro svolta presso le sezioni del Tiro a segno nazionale è soggetta alla vigilanza di organi dipendenti dal Ministero dell'interno. L'uso dei poligoni è regolato dall'Unione, d'intesa con il Ministero della difesa.
L'Unione applica i regolamenti dell'International Shooting Sport Federatione (ISSF), a cui è affiliata, non contrastanti con l'ordinamento giuridico italiano e con le deliberazioni e gli indirizzi del Comitato internazionale olimpico (CIO) e del CONI.
Le sezioni di Tiro a segno nazionale sono sottoposte alla vigilanza e al controllo degli organi centrali e periferici dell'Unione dai quali ricevono direttive e ai quali rendono conto della vita istituzionale, sportiva, organizzativa, amministrativa e disciplinare. Le sezioni sono infatti costituite in seguito all'autorizzazione del consiglio direttivo dell'Unione, qualora se ne ravvisi l'opportunità per l'assolvimento dei compiti devoluti al Tiro a segno nazionale dalla legge 28 maggio 1981, n. 286. L'Unione stessa designa un commissario che accerta le condizioni per ripristinare un poligono o per crearne uno ex novo e le iscrizioni di chi è obbligato dalla legge e di chi voglia svolgere attività sportiva o di addestramento e, in seguito, procede all'elezione dei componenti il consiglio direttivo, con numero variabile da 5 a 7 a seconda del numero degli iscritti alla sezione e tesserati all'Unione. Oltre al presidente, scelto tra i membri del consiglio e in carica per quattro anni, e al consiglio direttivo, sono organi della sezione l'assemblea degli iscritti, il revisore dei conti per le sezioni meno numerose o il collegio dei revisori dei conti, formato da tre membri, qualora la sezione abbia oltre 2000 tra iscritti e associati. Sono presenti, inoltre, un probo viro o un collegio di 3 probi viri per le sezioni più consistenti. L'elettorato attivo spetta a tutti i soci maggiori di diciotti anni e iscritti alla sezione da almeno sei mesi. Possono iscriversi coloro che vogliano praticare il tiro a segno, purché maggiori di dieci anni e dotati di "irreprensibile condotta morale, civile e sportiva"; sono invece tenuti all'iscrizione coloro che prestano servizio armato presso enti pubblici o privati, coloro che richiedano la certificazione di idoneità al maneggio delle armi e coloro che sono obbligati dalla legge. Tutti i soci pagano una quota associativa e una quota riferita al tesseramento obbligatorio alla Unione; un quarto degli introiti delle quote annuali d'iscrizione degli iscritti deve per legge essere corrisposto trimestralmente nelle casse dell'Unione. Le sezioni locali sono riunite in comitati regionali.
(descrizione rielaborata da http://www.uits.it e con il contributo di Simona Cambiotti)
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Editing and review:
Lonzini Silvia, 2006/09, prima redazione
Santolamazza Rossella, 2006/12/07, revisione