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Burri Alberto

Città di Castello (Perugia) 1915 mar. 12 - Nizza (Francia) 1995 feb. 13

Intestazioni:
Burri, Alberto, artista, (Città di Castello 1915 - Nizza 1995), SIUSA

Alberto Burri nacque a Città di Castello (Perugia) il 12 marzo 1915, primogenito di Pietro, commerciante di vini, e di Carolina Torreggiani, insegnante elementare.
Dopo aver conseguito la maturità classica presso il liceo Annibale Mariotti di Perugia, nel 1934 s'iscrisse alla facoltà di medicina all'Università della stessa città, laureandosi il 12 giugno 1940.
Il 9 ottobre 1940, con il grado di sottotenente medico di complemento, fu richiamato alle armi e presto congedato per seguire il tirocinio presso un istituto ospedaliero, ai fini dell'abilitazione all'esercizio della professione. Conseguito il diploma, tornò nell'esercito e, all'inizio di marzo 1943, assegnato alla 10ª legione in Africa settentrionale. Nei giorni della resa italiana in Africa, fu catturato dagli inglesi l'8 maggio 1943 e, passato in mano agli statunitensi, fu condotto in Texas e rinchiuso nel campo di prigionieri di guerra di Hereford dove rimase per 18 mesi. Nella primavera del 1944 rifiutò di firmare una dichiarazione di collaborazione propostagli e fu catalogato tra i fascisti "irriducibili. Fu in questo periodo che maturò la convinzione di dedicarsi alla pittura.
Rientrò dalla prigionia americana molto dopo la fine delle ostilità, giungendo a Napoli il 27 febbraio 1946 e vivendo per un breve periodo a Città di Castello, prima di trasferirsi a Roma, dove condivise uno studio in via Mario de' Fiori, nei pressi di piazza di Spagna, con l'amico scultore Edgardo Mannucci.
La prima mostra personale, favorita dall'architetto Amedeo Luccichenti, si svolse nel luglio 1947, presso la galleria La Margherita di Gaspero del Corso e Irene Brin, e fu presentata dai poeti Libero de Libero e Leonardo Sinisgalli. Le opere esposte erano ancora di carattere figurativo con qualche debito verso la pittura tonale della Scuola romana degli anni Trenta. Nei giorni dell'esposizione conobbe lo scultore Pericle Fazzini, vicepresidente dell'Art Club, importante sodalizio artistico romano aperto anche alle novità dell'arte astratto-concreta: già nel dicembre 1947 prese parte alla II Mostra annuale del sodalizio e continuò ad esporre con l'Art Club fino ai primi anni Cinquanta, sia in Italia sia all'estero.
Nella sua seconda mostra personale, sempre presso la galleria La Margherita, nel maggio 1948, propose per la prima volta opere astratte che, con le loro forme ora amebiche e organiche, ora filiformi e reticolari, rivelavano alcune affinità con il linguaggio di Jean Arp, Paul Klee e Joan Miró.
Successivamente iniziò a elaborare i primi catrami in cui le qualità dei materiali (erano realizzati con olio, catrame, sabbia, vinavil, pietra pomice e altri materiali su tela) cominciavano a prendere il sopravvento sulla semplice organizzazione formale della composizione.
Alla fine del 1948 si recò a Parigi dove visitò lo studio di Miró, vide le opere astratte più recenti dell'italiano Alberto Magnelli e conobbe quanto si esponeva presso la galleria René Drouin, che si stava affermando come uno dei centri più importanti della nuova stagione artistica, poi denominata "informale".
Il 1950 fu un anno di grande sperimentazione, durante il quale dipinse diverse muffe, sfruttando le efflorescenze prodotte dalla pietra pomice combinata alla tradizionale pittura a olio, ma anche il primo gobbo, dal caratteristico rigonfiamento ottenuto con rami di legno sistemati su retro della tela, e il primo sacco, realizzato interamente con la juta, rattoppata e ricucita. Sempre nel 1950, eseguì il grande "Pannello Fiat" (un quadrato di quasi 5 m di lato) per la sala espositiva di una concessionaria di automobili romana.
Nel gennaio 1951 firmò il manifesto "Origine" (con Mario Ballocco, Giuseppe Capogrossi ed Ettore Colla) e partecipò alla mostra inaugurale del gruppo, scioltosi l'anno dopo.
Il 1952 si aprì con la mostra personale "Neri e Muffe", presso la galleria dell'Obelisco di Roma. Ad aprile, presso la Fondazione Origine dell'amico Colla, si tenne la mostra "Omaggio a Leonardo" in cui espose tra gli altri "Lo Strappo", uno dei primi sacchi che solo pochi mesi dopo fu rifiutato dalla giuria della Biennale di Venezia. Fu invece accolto, nella sezione del "bianco e nero" della mostra veneziana, il disegno "Studio per lo strappo", acquistato da Lucio Fontana. Il 17 maggio Burri fu tra i firmatari del "Manifesto del movimento spaziale per la televisione", promosso dallo stesso Fontana. Nel corso dell'anno si trasferì in via Margutta, in uno studio confinante con quello del pittore Franco Gentilini e con il terrapieno del Pincio.
La prima mostra personale americana (Alberto Burri: paintings and collages), allestita presso la Allan Frumkin Gallery di Chicago, si svolse tra il 13 gennaio e il 7 febbraio 1953; fu poi trasferita nella newyorkese Stable Gallery di Eleanor Ward alla fine dell'anno. Nel frattempo Burri aveva conosciuto il critico James Johnson Sweeney, allora direttore del Solomon R. Guggenheim Museum di New York, il quale decise di promuoverne il lavoro attraverso il sostegno critico, che sfociò nella prima monografia a lui dedicata (1955), e l'inclusione di alcune sue opere nell'attività espositiva del museo. Un mese dopo, tra il 18 e il 30 aprile, fu allestita, presso la Fondazione Origine, una nuova personale presentata dal poeta Emilio Villa, con il quale la collaborazione si protrasse anche negli anni successivi.
Il 1954 fu caratterizzato dal trasferimento nello studio di via Salaria e dall'ingresso nel gruppo di artisti sostenuti dal critico francese Michel Tapié, padre dell'Art autre. Verso la fine dell'anno, iniziò a servirsi nei suoi lavori del fuoco, realizzando le prime piccole combustioni su carta.
Il 15 maggio 1955 sposò, a Westport (California), la ballerina americana d'origine ucraina Minsa Craig (1928-2003), conosciuta a Roma l'anno precedente. Nello stesso periodo apriva la mostra collettiva "The new decade: 22 European painters and sculptors", organizzata dal Museum of Modern Art di New York (maggio-agosto), dove erano esposti cinque suoi lavori; risale a quella mostra una delle poche dichiarazioni di poetica dell'artista, che si trova nel relativo catalogo. Sempre nel 1955, un buon esito ebbe la partecipazione alla Quadriennale romana e alla Biennale di San Paolo del Brasile.
Nonostante i successi e il sostegno dell'amico Afro Basaldella, alla Biennale di Venezia del 1956 gli fu concesso di esporre due sole opere. Tuttavia, a settembre, mentre la Biennale era ancora in corso, la veneziana galleria del Cavallino gli dedicò una mostra con molti dei suoi ormai noti sacchi.
Burri, intanto, continuava a realizzare numerose combustioni (con legno, tela e plastica) e sperimentava le caratteristiche del legno.
Il 1957 fu caratterizzato da numerose mostre personali in Italia e negli Stati Uniti. Verso la fine dell'anno realizzò i primi ferri, in cui sfruttava le possibilità offerte dalla tecnica della saldatura all'interno di un discorso pittorico bidimensionale. Le prime di queste opere mantenevano analogie compositive con sacchi, legni e plastiche, mentre successivamente Burri maturò un'impaginazione più rigorosa e consona alle caratteristiche del nuovo materiale utilizzato.
L'attività espositiva fu piuttosto intensa nel 1959 e nei primi mesi del 1960. A giugno Burri ottenne una sala alla Biennale di Venezia, dove ricevette anche il premio dell'Associazione internazionale dei critici d'arte. Nello stesso anno, durante il quale trasferì la sua residenza in via Grottarossa, fuori Roma, Giovanni Carandente realizzò il primo documentario della sua opera.
Un lungo viaggio tra Messico e Stati Uniti e i postumi di un delicato intervento chirurgico rallentarono la sua produzione, sebbene continuasse a esporre in mostre personali e collettive.
Alla fine del 1962, anno in cui acquistò la villa di Case Nove di Morra, presso Città di Castello, si ripresentò al pubblico con gli esiti degli ultimi mesi di lavoro. Tra dicembre 1962 e gennaio 1963, la galleria Marlborough di Roma ospitò un'esposizione dedicata alle plastiche che, dopo i ferri, rappresentarono una nuova, e inattesa, svolta. Forse rimeditando alcune plastiche di metà anni Cinquanta, decise di concentrare la sua attenzione sulla pellicola di plastica trasparente.
La nuova stagione delle plastiche si protrasse per tutto il decennio e Cesare Brandi ne fu l'esegeta principale: introdusse molte mostre e scrisse su Burri una fondamentale monografia (1963).
Nel 1963 disegnò, prima di una lunga serie d'ideazioni in questo settore, la scenografia e i costumi per cinque balletti del pianista, direttore d'orchestra e compositore americano Morton Gould alla Scala di Milano. L'anno successivo fu insignito del Premio Marzotto per la pittura.
Alla fine degli anni Sessanta acquistò una casa a Los Angeles (California) dove trascorse i mesi invernali fino al 1990; in questo periodo e nei successivi primi anni Settanta si dedicò ancora ad allestimenti teatrali.
In quegli anni cominciò a lavorare anche ai cretti, originati da una misurata miscela di collanti acrovinilici con altri materiali utilizzati per ricoprire il supporto (creta, caolino, bianco di zinco), sui quali lavorò per tutto il decennio e che furono esposti per la prima volta nell'ottobre del 1973 a Bologna (galleria San Luca).
Tra 1975 e 1976, dopo aver viaggiato in Messico e Guatemala, ideò gli ultimi due allestimenti teatrali e progettò Teatro Scultura per "Operazione Arcevia. Comunità esistenziale" (iniziativa promossa dall'architetto Ico Parisi), tra le prime realizzazioni scultoree dell'artista, presentata anche alla Biennale di Venezia del 1984.
Una mostra antologica allestita presso il convento di San Francesco d'Assisi, nel maggio 1975, propose al pubblico anche un cellotex di recente realizzazione, materiale utilizzato in edilizia come isolante e realizzato con una mistura di colle e segatura di legno.
Intanto l'attività espositiva proseguiva senza interruzioni, sebbene con minore intensità rispetto alle decadi precedenti.
Nel 1976 realizzò il primo cretto di dimensioni monumentali per il Franklin D. Murphy sculpture garden e nel biennio successivo il suo secondo grande cretto (15 m x 5) per il Museo di Capodimonte di Napoli. L'evoluzione più spettacolare fu, tuttavia, rappresentata da quello di Gibellina (Trapani). di quasi 90.000 m² sulle macerie della vecchia Gibellina. I lavori, iniziati nell'agosto del 1985, furono interrotti nel dicembre 1989 per mancanza di fondi con l'opera non ancora completata.
"Il Viaggio" (1979), formato da dieci monumentali composizioni che ripercorrevano i momenti più significativi della sua produzione artistica, inaugurò invece la stagione dei grandi cicli pittorici, realizzati anche negli anni successivi ed esposti permanentemente presso gli Ex Seccatoi del tabacco di Città di Castello.
A Palazzo Albizzini, sede della omonima Fondazione, costituita per volere dello stesso Burri nel 1978, e negli Ex Seccatoi, inaugurati come luogo espositivo nel luglio 1990, l'artista allestì infatti la collezione che donò alla città natale. Attraverso il percorso museale organizzato in queste due sedi e il catalogo sistematico delle sue opere, maturato alla fine degli anni Ottanta e realizzato sotto la sua attenta regia, offrì così una precisa ipotesi di lettura della sua produzione in cui trovarono posto anche le sculture di grandi dimensioni, cui cominciò a dedicarsi in contemporanea ai grandi cicli pittorici.
All'inizio degli anni Novanta, Burri e la moglie lasciarono la California e si stabilirono a Beaulieu-sur-Mer, in Costa Azzurra (Francia), continuando a trascorrere i mesi estivi a Città di Castello. Nonostante l'età avanzata proseguì la sperimentazione di nuovi materiali: l'ultimo suo lavoro fu Metamorfex, un ciclo di nove opere presentate, dall'amico Nemo Sarteanesi, negli Ex Seccatoi.
Morì a Nizza il 13 febbraio 1995.

tratto da: Treccani on line, Massimo De Sabbata, Dizionario Biografico degli Italiani (2013)


Soggetti produttori:
Ascani Giorgio detto Nuvolo, collegato

Per saperne di più:
Fondazione Burri - Sito ufficiale della Fondazione
Treccani on line, Massimo De Sabbata, Dizionario Biografico degli Italiani (2013)

Complessi archivistici prodotti:
Burri Alberto (fondo)


Redazione e revisione:
Santolamazza Rossella, 2018/08/28, revisione


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