Date di esistenza: sec. XIII seconda metà -
Intestazioni:
Collegio del cambio di Perugia, Perugia, sec. XIII seconda metà -, SIUSA
Altre denominazioni:
Nobile collegio del cambio di Perugia, sec. XIII seconda metà
Il Collegio del cambio è menzionato per la prima volta nel 1259 nell'ambito delle più antiche corporazioni delle arti perugine. In tale anno, infatti, il Comune di Perugia delegò ai "consules campsorum" il compito di designare gli ufficiali addetti alla custodia dei metalli per la nuova zecca, mentre nel gennaio 1260 deliberò la norma che prevedeva il parere vincolante del Collegio del cambio e di quello della mercanzia su tutti i provvedimenti in materia di monetazione. Alla fine del secolo l'arte sovrintendeva, così, all'intero settore monetario e a quello del commercio dei metalli preziosi, tanto che, con un provvedimento del 1296, il Comune rinnovò l'azione di controllo del Collegio stesso sull'attività degli orefici, al fine di garantire una produzione di leghe metalliche conformi ai titoli fissati nell'ordinamento.
Mercanti e cambiatori acquistarono nel corso del XIV secolo un ruolo di assoluta preminenza economica nel panorama cittadino, ottenendo in tal modo posizioni di privilegio anche nella struttura di governo, in particolare nel Consiglio dei priori. I due collegi avevano grandi affinità: entrambi avevano sede nel Palazzo dei Priori ed inserirono il grifo nei propri stemmi. Analoga fu inoltre l'evoluzione istituzionale e statutaria e l'organizzazione interna; in situazioni particolari deliberarono addirittura in seduta comune.
Nel Quattrocento, grazie ad una consistente disponibilità di finanze e beni immobili, il Collegio realizzò una nuova prestigiosa udienza e sistemò il complesso ospedaliero di San Giacomo, a testimonianza dell'importanza assunta dalle numerose attività caritative svolte, limitate non solo all'ospitalità offerta ai pellegrini e poveri, ma anche all'elargizione di doti, sussidi, elemosine a soggetti pubblici e privati e a comunità religiose.
Il Collegio venne coinvolto nelle contribuzioni imposte dal Comune di Perugia per sostenere i numerosi impegni militari e amministrativi, ma mantenne i privilegi derivanti da un trattamento fiscale privilegiato accordato dal Comune stesso. I suoi interventi, legati in primis all'azione di controllo sulla zecca, sulla circolazione monetaria e alla sicurezza degli scambi, interessarono anche settori non strettamente economici, come la definizione di criteri da adottare in materia tributaria o la regolamentazione dell'attività giudiziaria. La consistente produzione documentaria per la composizione del contenzioso di natura commerciale e creditizia - attività svolta anche dalle analoghe associazioni di categoria e dalle curie comunali - attesta il ruolo fondamentale svolto dagli "uditores" in tale settore. Tale attività giudiziaria venne riconosciuta ufficialmente con il breve di Sisto IV del 1482 e fu interotta solo con la restaurazione pontificia seguita all'esperienza napoleonica.
Il Collegio era composto da un'assemblea generale, legittimata a designare gli organi rappresentativi; due uditori, che presiedevano le assemblee, sovrintendevano alle operazioni di controllo della circolazione monetaria, detenevano la giurisdizione in ambito civile e commerciale ed esercitavano il controllo sull'operato del priore; un priore per la gestione patrimoniale e contabile, eletto dall'assemblea dei giurati ed in carica per tre anni, con possibilità di riconferma. Era prevista anche la presenza di notai, nunzi, computisti, "consultores", ossia giurisperiti reclutati tra i lettori dello Studium perugino, rettori, nominati dagli uditori e da una stretta rappresentanza di giurati, "visitatores", che periodocamente verificavano la situazione del patrimonio fondiario e rilevavano gli interventi di manutenzione necessari. Dal 1516 il priore venne affiancato da un priore chierico per collaborare alla gestione dell'ente ospedaliero e ricoprire anche la carica di cappellano dell'arte.
Per quanto riguarda l'estrazione sociale degli iscritti, originariamente la costituzione fu essenzialmente democratica, ma già dalla fine del Trecento compaiono i "nobiles" e nel 1416 Braccio Fortebracci "per dare ai nobili adito alle pubbliche magistrature decretò che essi fossero ammessi nelle Arti: e da allora in poi l'elemento aristocratico acquistò sempre maggiore prepondenranza nel cambio", tanto che, nel XVII secolo, per esservi ammessi era richiesta la dimostrazione della nobile discendenza fin oltre il quarto grado in linea maschile e femminile.
Nel gennaio 1798 le autorità militari della Repubblica romana sospesero l'attività, ormai esclusivamente giudiziaria e caritativa, del Collegio e ne utlizzarono l'udienza per le operazioni di reclutamento delle milizie da parte del governo provvisorio.
Nel 1800 il Collegio del cambio e quello della mercanzia ripristinarono l'organizzazione preesistente e, in considerazione della loro attiva presenza nel settore della beneficenza pubblica, vennero esclusi dall'applicazione dei provvedimenti di soppressione che lo Stato pontificio adottò per le altre corporazioni (motu proprio di Pio VII del 3 settembre 1800 e successive conferme dell'11 marzo e 16 dicembre 1801).
Nuovamente sospesi nel periodo napoleonico e riattivati con la restaurazione nel 1814, nel 1816, in seguito alla riforma generale, vennero sottratti agli uditori e ai consoli i settori del contenzioso civile e commerciale.
Fino agl inizi del XX secolo il Collegio non fu destinatario di specifici interventi di riforma: la sua attività rimase viva nell'ambito assistenziale e caritativo. Nel 1923 i due enti vennero dichiarati istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, a termine di un'annosa questione con l'amministrazione statale circa la loro natura giuridica: per il Collegio del cambio ciò fu disposto con il r.d. 23 novembre 1923. Nel dicembre dello stesso anno venne nominato un commissario prefettizio per garantire l'amministrazione in attesa di nuovi statuti più consoni al nuovo profilo giuridico. Altri periodi di commissariamento ci furono nel 1928 fino al 1930, con l'approvazione del nuovo statuto, e durante il ventennio successivo.
Con decreto del presidente della Giunta regionale 18 gennaio 1983, n. 29 è stato approvato il nuovo statuto "allo scopo di adeguare la propria struttura a quella della società moderna e ai principi istituzionali". Con ulteriore decreto del presidente della Giunta regionale 28 ottobre 1991, n. 537, infine, al Collegio del cambio è stata attribuita la personalità giuridica di diritto privato.
L'ente è anche conosciuto come Nobile collegio del cambio.
Il Collegio venne coinvolto nelle contribuzioni imposte dal Comune di Perugia per sostenere i numerosi impegni militari e amministrativi, ma mantenne i privilegi derivanti da un trattamento fiscale privilegiato accordato dal Comune stesso. I suoi interventi, legati in primis all'azione di controllo sulla zecca, sulla circolazione monetaria e alla sicurezza degli scambi, interessarono anche settori non strettamente economici, come la definizione di criteri da adottare in materia tributaria o la regolamentazione dell'attività giudiziaria. La consistente produzione documentaria per la composizione del contenzioso di natura commerciale e creditizia - attività svolta anche dalle analoghe associazioni di categoria e dalle curie comunali - attesta il ruolo fondamentale svolto dagli "uditores" in tale settore. Tale attività giudiziaria venne riconosciuta ufficialmente con il breve di Sisto IV del 1482 e fu interotta solo con la restaurazione pontificia seguita all'esperienza napoleonica.
Il Collegio era composto da un'assemblea generale, legittimata a designare gli organi rappresentativi; due uditori, che presiedevano le assemblee, sovrintendevano alle operazioni di controllo della circolazione monetaria, detenevano la giurisdizione in ambito civile e commerciale ed esercitavano il controllo sull'operato del priore; un priore per la gestione patrimoniale e contabile, eletto dall'assemblea dei giurati ed in carica per tre anni, con possibilità di riconferma. Era prevista anche la presenza di notai, nunzi, computisti, "consultores", ossia giurisperiti reclutati tra i lettori dello Studium perugino, rettori, nominati dagli uditori e da una stretta rappresentanza di giurati, "visitatores", che periodocamente verificavano la situazione del patrimonio fondiario e rilevavano gli interventi di manutenzione necessari. Dal 1516 il priore venne affiancato da un priore chierico per collaborare alla gestione dell'ente ospedaliero e ricoprire anche la carica di cappellano dell'arte.
Per quanto riguarda l'estrazione sociale degli iscritti, originariamente la costituzione fu essenzialmente democratica, ma già dalla fine del Trecento compaiono i "nobiles" e nel 1416 Braccio Fortebracci "per dare ai nobili adito alle pubbliche magistrature decretò che essi fossero ammessi nelle Arti: e da allora in poi l'elemento aristocratico acquistò sempre maggiore prepondenranza nel cambio", tanto che, nel XVII secolo, per esservi ammessi era richiesta la dimostrazione della nobile discendenza fin oltre il quarto grado in linea maschile e femminile.
Nel gennaio 1798 le autorità militari della Repubblica romana sospesero l'attività, ormai esclusivamente giudiziaria e caritativa, del Collegio e ne utlizzarono l'udienza per le operazioni di reclutamento delle milizie da parte del governo provvisorio.
Nel 1800 il Collegio del cambio e quello della mercanzia ripristinarono l'organizzazione preesistente e, in considerazione della loro attiva presenza nel settore della beneficenza pubblica, vennero esclusi dall'applicazione dei provvedimenti di soppressione che lo Stato pontificio adottò per le altre corporazioni (motu proprio di Pio VII del 3 settembre 1800 e successive conferme dell'11 marzo e 16 dicembre 1801).
Nuovamente sospesi nel periodo napoleonico e riattivati con la restaurazione nel 1814, nel 1816, in seguito alla riforma generale, vennero sottratti agli uditori e ai consoli i settori del contenzioso civile e commerciale.
Fino agl inizi del XX secolo il Collegio non fu destinatario di specifici interventi di riforma: la sua attività rimase viva nell'ambito assistenziale e caritativo. Nel 1923 i due enti vennero dichiarati istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, a termine di un'annosa questione con l'amministrazione statale circa la loro natura giuridica: per il Collegio del cambio ciò fu disposto con il r.d. 23 novembre 1923. Nel dicembre dello stesso anno venne nominato un commissario prefettizio per garantire l'amministrazione in attesa di nuovi statuti più consoni al nuovo profilo giuridico. Altri periodi di commissariamento ci furono nel 1928 fino al 1930, con l'approvazione del nuovo statuto, e durante il ventennio successivo.
Con decreto del presidente della Giunta regionale 18 gennaio 1983, n. 29 è stato approvato il nuovo statuto "allo scopo di adeguare la propria struttura a quella della società moderna e ai principi istituzionali". Con ulteriore decreto del presidente della Giunta regionale 28 ottobre 1991, n. 537, infine, al Collegio del cambio è stata attribuita la personalità giuridica di diritto privato.
L'ente è anche conosciuto come Nobile collegio del cambio.
Condizione giuridica:
privato (sec. XIII metà - 1923)
privato (1991 - )
pubblico (1923 - 1991)
Tipologia del soggetto produttore:
ente di assistenza e beneficenza
Soggetti produttori:
Rossi Raffaele, collegato
Collegio della Sapienza Bartolina di Perugia, collegato, 1575 - 1825
Complessi archivistici prodotti:
Collegio del cambio di Perugia (fondo)
Bibliografia:
SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER L'UMBRIA, Le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza in Umbria. Profili storici e censimento degli archivi, a cura di M. SQUADRONI, Roma, 1990 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Strumenti, CVIII), 325-327
Archivio del Collegio del Cambio di Perugia. Inventario, a cura di C. CUTINI ZAZZERINI, Perugia, Editrice Protagon Regione dell'Umbria, 1992 (Archivi dell'Umbria. Inventari e ricerche, 20), 17-41
Redazione e revisione:
Lonzini Silvia, 2006/11/09, prima redazione
Santolamazza Rossella, 2007/12/06, revisione